Regia di Stefano Mordini vedi scheda film
AL CINEMA
Durante il campionato del mondo di rally nel 1983, la rivalità tra l'imbattibile tedesca Audi e l'agguerrita italiana tecnicamente e produttivamente ancor imperfetta Lancia, trova il suo apice quando l'ambizioso ed inventivo direttore tecnico Cesare Florio scende in campo con ogni strategia e tattica per battere un avversario probabilmente superiore almeno a livello tecnologico.
Al prolifico Stefano Mordini, dopo due remake un po' pallidi e non strettamente necessari come furono Il testimone invisibile (2018) e Gli infedeli (2020), dopo in thriller lagunare delirante e goffo come Lasciami andare (2020, il tipico film di chiusura della kermesse veneziana davvero inaccettabile), dopo un adattamento letterario rischioso trasformatosi clamorosamente in uno scult totale ed inaccettabile come La scuola cattolica (2021), tocca occuparsi di motori.
Una tendenza, quella di occuparsi di gare automobilistiche e personaggi carismatici di spicco entro tale comparto, che, sfortunatamente per il volenteroso e versatile regista, ha coinvolto ultimamente anche un regista quasi sempre scomodo ad ogni raffronto o paragone.
E proprio memori del Ferrari dell'immenso Michael Mann, galvanizzanti nel dinamismo dei suoi racconti di corsa sul campo e narrativamente coinvolgenti e chiaro, questo Race for glory - Audi vs. Lancia sconcerta prima di tutto per l'incapacità di raccontare lo sviluppo di ogni singola sfida.
Non che manchino le riprese dinamiche e ad effetto, anzi, ma ogni volta tutto si risolve pesantemente in un noioso racconto per dinamiche di risultato, più che per immagini, svilendo ogni attrattiva per la storia, che brilla solo nel raccontare gli stratagemmi assai folkloristici messi in atto dall'astuto Fiorio per battere in furbizia un nemico potenzialmente e tecnicamente superiore.
Certo le scenografie del film sono particolarmente accurate, unite ad una fotografia scientemente scolorita ed opportunamente slavata che pare frutto di un laborioso lavoro di missaggio ricavato da materiale d'archivio dei primi anni '80.
Purtroppo il film è flagellato da dialoghi smorti e banali, decisamente zoppicanti, ed anche il cast internazionale coinvolto, sinndi un certo richiamo, pare davvero ben poco motivato e sciolto.
Daniel Brühl, già avvezzo in passato a frequentare noti film su motori e bolidi,risulta a tutti gli effetti relegato in un ruolo solo apparentemente di rilievo, ma in realtà vittima di una parte di fatto inconsistente, o proprio incolore
Riccardo Scamarcio, che produce assieme a Jeremy Thomas e ha partecipato attivamente alla stesura dello script, come attore conferma una certa piattezza espressiva che ormai è una costante da tempo, che tuttavia non pare limitarlo nell'aggiudicazi ruoli sia in Italia che all'estero.
Buon per lui.
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