Regia di Paola Cortellesi vedi scheda film
Domani è un altro giorno... come ieri.
Paola Cortellesi mi sta troppo a cuore per criticarla in modo puntiglioso. Proverò ad essere quanto più oggettivo ed imparziale possibile.
Il film concettualmente sembra ispirato a La vita è bella, nella forma di una tragicommedia fiabesca, che ripropone le atmosfere del neorealismo rievocato attraverso una evidente ricostruzione di studio, ma innovato da un raffinato lavoro di post-produzione. Ci tengo a ricordo che il cinema neorealista aveva la sua peculiarità nel fatto che si girava nelle strade reali e con attori presi dalla strada. Sento molto parlare a sproposito di neorealismo in riferimento a questo film. Traspare il coinvolgimento emotivo della Cortellesi e questo conferisce all'impresa un valore aggiunto. La tensione è palpabile al punto giusto, in quanto è il fulcro di tutta la narrazione. Un buon film deve essere realista a livello emotivo, più che in senso figurativo. Purtroppo, in genere, registi maschi sono scarsamente capaci di riprodurre le emozioni. Uno tra i pochi che ci riesce è Spielberg. Altri non me ne vengono in mente. Mi è piaciuta molto la carrellata descrittiva iniziale in cui tutti i figuranti erano perfettamente in parte. Questa è una qualità registica da non sottovalutare. Allo stesso modo ho trovato efficace la scelta di rappresentare la violenza come un numero di danza.
Passiamo alle note dolenti. Certamente non è un film di Charlie Chaplin: il modello capostipite, la vera fonte di ispirazione data la performance attoriale. La scrittura è un po' elementare, schematica ed in alcuni punti eccede col fiabesco. Penso alla scena dell'incontro con l'ex amante. I dialoghi, a volte, suonano un po' naive; fanno pensare al diario di un adolescente. Fosse stato muto, secondo me savrebbe reso meglio. La scena dell'esplosione mi è sembrata drammatugicamente esagerata, persino, per una commedia. Si ha come la sensazione che manchi qualche tessera del puzzle. È una soluzione troppo sbrigativa. Si devono saltare tutta una serie di passaggi causali della storia e sorvolare totalmente sugli effetti. Tra l'altro, ho trovato moralmente sproporzionata la reazione rispetto alla causa scatenante, e anche poco aderente al carattere remissivo del personaggio. La violenza buona non esiste, altrimenti anche l'aguzzino si sente giustificato. La famiglia del bar mi sembra ricalcata pari pari dall'Amica geniale.
Di solito un maschio manesco con la moglie, lo è anche coi figli. Inoltre, a quei tempi, anche i maestri, in alcuni casi religiosi, in classe adoperavano la bacchetta come mezzo deterrente per tenere a bada gli alunni più esuberanti e restii a conformarsi. Tanti italiani sono ancora nostalgici di quei tempi ed imputano la presunta corruzione dei costumi al rifiuto di quel tipo di educazione. Questioni aperte di una cultura patriarcale incline al nazionalismo, e ad una pedagogia repressiva di matrice cattolica. Vedi inquisizione. Ovviamente per esigenze di spettacolo, Cortellesi si è contenuta sul lato drammatico. A mio parere, bisogna, in ogni caso, trovare il modo per non indorare la pillola. Per esempio, ho trovato un po' strano che una donna nell'immediato dopoguerra potesse avere varie occupazioni e, in più, lavorare presso una bottega di riparazioni seguendo orari disinvolti. Consiglio la visione del film L'onorevole Angelina. C'è una vicenda che riguarda madre e figlia, in qualche modo, simile.
La lettera funziona come una sorta di macguffin, efficace nel creare la giusta suspense per tenere desta l'attenzione dello spettatore e che preannuncia un colpo di scena finale davvero inaspettato, direi fin troppo. Si resta sorpresi e, in parte, preoccupati per l'immediato futuro dell'eroina. In conclusione, Cortellesi non suggerisce facili soluzioni, ma bisogna anche dire che il riscatto proposto non si discosta poi tanto da una prospettiva idealizzata. Manca un'azione dal valore catartico, come ci si aspetterebbe da un racconto che prende una strada alternativa al dramma realistico. Non vorrei che le donne che hanno assistito alla spettacolo ne escano più demoralizzate di prima, poiché a più di 70 anni stanno ancora aspettando risultati concreti della loro acquisita emancipazione. Davvero strano che siano stati negati i finanziamenti pubblici data la finalità squisitamente didattica e civile dello spettacolo, una campagna di sensibilizzazione sociale in stile pubblicità progresso.
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