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C'è ancora domani

Regia di Paola Cortellesi vedi scheda film

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La recensione su C'è ancora domani

di Gangs 87
7 stelle

Roma, seconda metà degli anni ’40. La città è ancora scossa dalla guerra da poco conclusa e la povertà di mescola al senso di liberazione che aleggia nell’aria. Delia è moglie di Ivano e madre di tre figli, nonché badante del suocero. Le sue giornate si svolgono monotone, tra piccoli lavoretti per racimolare qualche soldo in più, considerando che quelli del marito non bastano mai, il rassetto della casa e l’accudimento di tutti i membri della numerosa e impegnativa famiglia, gli unici momenti di svago per Delia sono i minuti rubati con l’amica Marisa, pochi attimi di serenità in un’esistenza fatta di soprusi e abusi violenti da parte di Ivano, reduce di guerra e perennemente incazzato con il mondo. L’unica gioia il fidanzamento di Marcella, la primogenita, con un bravo ragazzo di ceto borghese. Ma, non è tutto oro quello che luccica.

 

L’esordio alla regia di Paola Cortellesi è una pellicola ambiziosa. Raccontare un tempo lontano e ancora doloroso utilizzando il bianco e nero, senza risparmiarsi nella schiettezza dei fatti narrati, arrivando addirittura a trasformare quelli più drammatici in sequenze smorzate dal divertimento, è senza dubbio un’operazione di cinema coraggiosa che la regista e attrice romana, confeziona con maestria.

 

A guardarlo bene questo film, sembra che Paola faccia questo mestiere da molto tempo. Per quanto in effetti sia il primo film che dirige, la Cortellesi bazzica i set da non pochi anni e ha avuto la fortuna di lavorare con registi di vario calibro in film di diversi generi. Questo evidentemente le ha permesso di assimilare una preparazione e una visione cinematografica che ha ottimamente traslato nella sua opera prima.

 

C’è da dire però che, osservandola bene, la pellicola non è comunque così impeccabile, come è stata definita. Pur non avendo l’intenzione principale di stupire, la messa in scena, a suo modo innovativa nel panorama nostrano, finisce per oscurare, almeno in parte, il messaggio che Delia intende portare. Se l’attuale situazione politica incide nel falsare quel moto di speranza che la donna ripone nel diritto al voto, prima di allora negato alle donne, anche nella pellicola non si capisce bene che ruolo abbia la conquista di questo agognato diritto.

 

L’argomento, che poi risulta essere il fulcro della ribellione di Delia, resta per tutto il tempo dello svolgimento, l’elemento nascosto, comparendo solo alla fine, in una sequenza convulsa, e forse troppo breve, per riuscire a ricomporre i pezzi delle cose lasciate sospese e solo in quell’occasione risolte. Quest’ambiguità che si percepisce dalla sceneggiatura, volutamente impostata come se fosse un giallo in cui il colpevole, in questo caso il protagonista, si scopre solo alla fine, confonde lo spettatore che non riesce a recepire fino in fondo il senso del discorso se non riflettendoci a posteriori.

 

In una pellicola lineare e concreta, risulta un passo falso che non gli rende giustizia. Certo è che, riflettendoci, anche lo stesso messaggio che la Cortellesi intende diffondere potrebbe avere diverse interpretazioni. Se la prima cosa che viene in mente è legata alla speranza che Delia ripone nella possibilità, finalmente, di poter contare qualcosa, l’altra estrema riflessione è legata al decadimento del nostro sistema politico e delle conseguenti considerazioni che oggi i votanti, donne comprese, hanno dello stesso. L’entusiasmo di una donna che crede di poter cambiare il suo destino ora che le è stato concesso il diritto al voto, cozza miseramente con la realtà dei fatti moderni che ci portano a chiedere: quando esattamente abbiamo perso quell’entusiasmo? Chi ha osato strapparcelo via?

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