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C'è ancora domani

Regia di Paola Cortellesi vedi scheda film

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La recensione su C'è ancora domani

di barabbovich
5 stelle

Per il suo esordio dietro la macchina da presa, Paola Cortellesi si ritaglia il ruolo di martire, con un personaggio che riecheggia in sedicesimi - si parva licet - l'Antonietta di Sophia Loren in Una giornata particolare. Siamo nella Roma testaccina del maggio 1946, con le milizie americane che ancora presidiano le strade cittadine e con le donne che stanno per essere ammesse al voto per la prima volta. Lei, Delia (una Cortellesi espressiva come una cernia), palpita per il fidanzamento ufficiale della più grande dei suoi tre figli (Vergano), ma subisce angherie, sganassoni e soprusi di ogni tipo dal marito cavernicolo (Mastandrea) e palpeggiamenti del suocero allettato e bestemmiatore (Colangeli). Le continue vessazioni subite le fanno meditare di lasciare la famiglia…
Occhieggia fin troppo esplicitamente alla commedia all'italiana questo film piacione, pieno zeppo di stereotipi, capace di filtrare la storia in un bianco e nero che non è solo quello della fotografia, ma soprattutto quello del manicheismo con cui viene raccontata la vicenda e il suo contorno. C'è ancora domani è il più classico dei film da prima serata RAI, un formato famiglia che deve accontentare il palato di quanti più spettatori possibile, ai quali si può propinare qualche sano principio sulle questioni di genere a colpi di misandria (non c'è quasi personaggio maschile che non sia immondo, ragazzini compresi). E anche là dove i ruoli si ribaltano (l'amica fedele che tratta con piglio dirigista il marito sui banchi del mercato), è subito pronta la didascalia che annuncia il finale. Il resto lo fanno le canzoni piazzate al punto giusto (La sera dei miracoli di Lucio Dalla, ma siccome dobbiamo fare contento anche il pubblico giovane, anche una spruzzata di rap non guasta) e, soprattutto, la scelta donabbondista, senza il minimo acuto sociologico, con la quale si parla di oggi di cause giuste ma mettendo in scena il passato, vedi mai che qualcuno si possa risentire: un'opzione narrativa davvero lontanissima dal coraggio di maestri come Scola, Monicelli o Risi. Rimangono due trovate davvero notevoli: le percosse del marito su Delia che si trasformano in una danza e un finale, sulle note di A bocca chiusa di Daniele Silvestri, che è l'unica ragione che giustifica i quattrini lasciati al botteghino.

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