Regia di Paola Cortellesi vedi scheda film
AL CINEMA
Nella Roma di fine Guerra, appena valicata la seconda metà dei '40, mentre le truppe degli alleati continuavano a presidiare i viali della capitale, in un quartiere popolare la vita della casalinga Delia si scandiva con lo schiaffo del risveglio mattutino, inferto dal marito Ivano come un atto dovuto, più che come un gesto motivato da qualche fatto o circostanza.
Casalinga fino ad un certo punto, la nostra Delia, che, sbrigate le faccende quotidiane, sistemato il suocero che occupa senza porsi alcuna remora una delle camere altrimenti destinate ai due irruenti maschi ancora bambini ed immaturi, costretti a condividere la sola cameretta rimasta con la figlia sedicenne inattesa di proposta matrimoniale, si adopera per raggranellare altre entrate attraverso una serie di lavoretti in nero: quello di rammendatrice, di addetta alla stesa della biancheria per interi palazzi sulle terrazze romane assolate, di assemblatrice di ombrelli pagata meno di un neoassunto maschio, di infermiera al servizio di facoltosi bisognosi di cure. E altro ancora.
Mentre Ivano, uomo rancoroso e inetto, cattivo almeno quanto è rozzo il padre che si porta appresso, non perde occasione per dimostrare alla donna chi sia colui che comanda in casa.
L'esordio in regia di Paola Cortellesi avviene con un film molto studiato e pieno di lodevoli intenti.
Studiato sapientemente, anche nella bella fotografia vintage in bianco e nero, per devastare psicologicamente lo spettatore con una vicenda tragica degna dei tempi del Neorealismo degli anni precisi in cui è ambientata la vicenda, ma raccontata con lo spirito moderno di un presente che non tollera più, per fortuna e finalmente, atteggiamenti prevaricanti di mariti violenti e bruti, il film della Cortellesi diventa un monito forte ed orgoglioso contro la violenza domestica e quella perpetrata sulle donne; la stessa che caratterizza tragicamente le cronache quotidiane che oggi più che mai scandiscono i notiziari fruibili con ogni mezzo di comunicazione.
Ecco allora che la resistenza di Delia, passiva fuori, ma tenace dentro più di quanto chiunque dei suoi cari possa anche solo minimamente sospettare, diventa il messaggio portante del film, che giustifica la nascita di una prima forma di orgoglio femminile, a partire dal periodo in cui finalmente il suffragio divenne realmente un diritto universale
Lo stesso titolo del film, citato letteralmente dalla protagonista nel corso della vicenda, nasconde efficacemente il fulcro di tutta la storia, ovvero quella particolare nuova apertura che permise finalmente a tutte le donne di poter esprimere il proprio pensiero politico e sociale in un paese tutto da rifare.
Paola Cortellesi è molto brava nel ruolo dolente e sofferto di Delia, così come Valerio Mastandrea si fa carico di un ruolo davvero scomodo e terribile che, pur forse eccessivamente caricaturale per come è stato concepito e scritto, effettivamente rende alla perfezione il brutale clima persecutorio e punitivo con cui venivano naturalmente relegate le donne nel contesto sociale comunemente condiviso ed accettato.
Ma il personaggio più riuscito e meglio reso è senz'altro quello del suocero, reso con incredibile verve dallo straordinario Giorgio Colangeli.
La teoria del suo tremendo personaggio, secondo cui una donna presa in moglie va picchiata forte, ma solo episodicamente, in modo che capisca la lezione e non si faccia prender la mano rispondendo ai rimproveri o alle osservazioni (come invece fa Delia, ormai sin avvezza alle botte da non considerarle per quello che effettivamente valgono), la dice lunga ed appare come uno dei momenti (tragici, sin sconcertanti) più riusciti del film.
Ci sono inoltre espedienti narrativi felici e riusciti come la violenza domestica di routine, perpetrata come atto dovuto, che si trasforma velocemente in un romantico tango che sostituisce il ritmo, avvolgente e sin sensuale, alle botte inferte e ricevute, scuotendo ancora di più un già piuttosto coinvolto spettatore.
C'è l'amore vero, quello di Delia verso un buon meccanico sfortunato (Vinicio Marchioni), che si esprime teneramente e simpaticamente attraverso sorrisi impastati di cioccolato sciolto che annerisce grottescamente l'espressione felice di un attimo, mentre Fabio Concato canta in sottofondo la sua dolcissima M'innamoro davvero.
Quello della Cortellesi è un film apprezzabile, nonostante qualche artificio narrativo troppo fuori controllo (la fine del matrimonio programmato con l'intervento del soldato americano di colore è un espediente troppo fantasioso ed articolato per poter sembrare verosimile), o sin troppo studiato a tavolino al fine di stravolgere e scuotere lo spettatore verso una problematica come la violenza domestica che, alla resa dei conti, appare ancora molto attuale e nevralgica, nonostante ogni maturata presa di coscienza.
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