Difficile parlar male di un'opera che dimostra un'insospettabile cura tecnica, un'innegabile voglia di provare qualcosa di originale a livello di messa in scena e di valorizzazione di costumi e scenografie (queste ultime quasi sempre tristemente mortificate nelle recenti produzione italiche), un sano afflato civile congiunto ad istanze popolari e un richiamo neanche tanto velato alla grande eredità neorealistica del nostro Paese.
Ma resta la sensazione di un racconto che, al netto di alcuni momenti umoristici sicuramente azzeccati (perlopiù relativi al personaggio interpretato da Giorgio Colangeli), risulta insostenibilmente poggiato su caratteri abbozzati, parossistici, tagliati con l'accetta, di facile presa sul grande pubblico e, peraltro, privi di complessità analitica. A complicare il tutto un finale smaccatamente retorico, certamente d'effetto ma con la forza espressiva di un didascalico e smunto post sui social
Tanto vale tornare a guardare i capolavori di Antonio Pietrangeli, uno che, quando si trattava di dipingere personalità femminili, raggiungeva picchi di assoluto genio
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