Regia di Sofia Coppola vedi scheda film
Sofia Coppola immagina che le superfici delle cose raccontino di per sé delle storie, riflettendo di conseguenza le vibrazioni del mondo che quelle superfici le ha create e posizionate da qualche parte. I titoli di testa sono dichiarazioni di intenti in questo senso, nei film di Coppola, e lo stesso avviene in Priscilla: trucco, parrucco, scenografia e costumi non sono gli abbellimenti, sono l’argomento del film. Indagando gli anni del rapporto di Priscilla Presley col mitico Elvis, dall’incontro in Germania fino alla separazione dopo il matrimonio, Sofia Coppola fa - si perdoni il gioco di parole - un film noioso sulla noia, costruendo ad arte il processo che porta Priscilla, senza che se ne accorga, ad accettare una vita da subordinata, da moglie annoiata a casa, da animale in gabbia negli interni kitsch e pacchiani di casa Presley. Sottostando anche ai desideri estetici di lui, diventando quello che vuole lui, e adattando alle necessità di lui il suo carattere e la sua pazienza.
Visto col senno di poi, una storia di maschilismo tossico che alla fine costringe alla resa del sentimento di fronte alle necessità e ai desideri di crescita e autonomia nella vita. Per Sofia Coppola però una compilation di scene ben ordinata che prosegue come un doppio vinile pop, perfetto per una storia d’amore che è un giro a vuoto, abbandonato ai lustrini ma inevitabilmente frustrato - a partire da Elvis che muove il pelvis in concerto e recita in film d’amore ma non vuole fare l’amore con Priscilla fino al matrimonio. Il fatto che il sesso non costituisca la vera svolta del rapporto è indicativo: il sesso arriva (perché concepiscono) ma non si vede. Perché il figlio sarà solo utile per fare altre foto per un rotocalco.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta