Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film
“Questo è solo l’inizio"
Con questa frase programmatica pronunciata da Chani, la volitiva Fremen interpretata da Zendaya anticipandone anche la maggior rilevanza nel nuovo capitolo, si chiudeva la prima parte della saga cinematografica tratta dal primo romanzo della saga scritta nel ’65 da Frank Herbert, e uscita nelle sale cinematografiche nel 2021.
Il secondo capitolo ad opera sempre di Dennis Villeneuve avrebbe dovuto essere distribuito a novembre del 2023 ma, a causa dello sciopero degli sceneggiatori e degli attori hollywoodiani, e stato poi posticipato a questo inizio del 2024.
“Il destino ti aspetta sulla strada che hai scelto per evitarlo” Proverbio Arabo
Il nuovo Dune – Parte Due, rimanendo anche piuttosto fedele al romanzo, riprende e amplifica quanto già visto nel primo capitolo, in realtà poco più che un lungo “ambient” propedeutico al suo stesso sequel, riproponendone le stesse cifre stilistiche e la medesima impostazione narrativa (una cosa non così scontata come potrebbe sembrare, a dire il vero) come anche l’intenzione, già presente nel precedente capitolo, di tenere insieme sia una visione personale e priva per quanto possibile di troppi compromessi che l’esigenza produttiva di creare comunque un blockbuster capace di appassionare un pubblico estremamente vario, anche non particolarmente interessato alla sua forma più artistica.
L’intero Dune - Parte Due, anche più del primo capitolo, vive quindi di questo delicatissimo equilibrio.
Riuscendoci? Diciamo più sul piano visivo o effettistico che non su quello dei contenuti.
Rispetto al primo capitolo motiva la sua ragione di esistere nel viaggio, di progressiva consapevolezza, dell’eroe (con la silente benedizione dello stesso Joseph Campbell) per un’opera, potente e sontuosa, che non scende a compromessi, imponendosi nel mondo dei blockbuster con le proprie regole e dettando i tempi del racconto attraverso un andamento ragionato, posato ma travolgente.
L’evidenza dell’operazione è tutta nella sua resa spettacolare pur se proposta con tocchi di insolita originalità e il risultato è un film forse complicato ma anche piuttosto semplice da comprendere.
Anche ottimo, per carità, ma comunque capace nell’impresa di risultare mai veramente (per davvero) memorabile, splendida rappresentazione del romanzo originale ma che non trascende (quasi mai) da un compitino svolto (comunque) ottimamente.
La lotta tra la ragion di Stato e il fondamentalismo, l’opportunismo politico o la necessita di fare del male per favorito (scommettendo?) un successivo bene maggiore come anche il bisogno di opporsi alle imposizioni di una qualsiasi forma di potere sono alcune ideologie (già di Herbert) che Villeneuve sceglie di mostrare, pur non abbracciandone (quasi) nessuna, in un evidente percorso messianico, con l’attesa di un salvatore che guidi la rivolta (o rivoluzione?), che cela però un suo lato nascosto (ma poi neanche tanto), molto più “imperialista” direbbe qualcuno, di appropriazione culturale e un tentativo, inquietante nella sua (eccessiva?) facilità, di sovversione e successiva inclusione di una cultura estranea a un progetto rigenerativo della propria, per fini poi tutt’altro che nobili.
La pellicola gioca continuamente su questi contrasti, così come prevale una grammatica cinematografica che utilizza moltissimo campi lunghi, lunghissimi o totali nel tentativo di riprendere sia più elementi proscenici possibili che per illustrare la potenza dell’immagine.
Pregevole è anche l’attribuzione di una precisa simbologia cromatica e (soprattutto) acustica per i personaggi, fornendo caratteristiche differenti sia con il commento sonoro di Hans Zimmer, potente ma fin troppo invadente (anche se in misura minore rispetto al precedente capitolo), che in base anche alle condizioni di luce (fotografia di Greig Fraser, vincitore dell’Oscar proprio con la prima parte di Dune), sempre secondo le comunità a cui si riferiscono.
Ma a Villeneuve piace l’austerità e il minimalismo, anche (soprattutto?) narrativo, forgiando con Dune una rigorosa storia di intrighi di palazzo, sopraffazioni, predestinazione e sopravvivenza avendo anche il vantaggio, al contrario di Lynch, di poter “spezzare” un romanzo incredibilmente complesso, denso di informazioni, innovazioni e neologismi, in due “lunghissimi” racconti ma non riuscendo comunque a rendere per davvero le profondità, o il cuore stesso, del mondo creato da Frank Herbert.
Il limite di un lavoro così ampio e eccessivo è infatti in una certa dismisura che, se da un lato induce il pubblico allo stupore e alla meraviglia per un’esemplare ricostruzione scenica, dall’altra rende in parte più complesso farsi realmente coinvolgere
Dune 2 in fondo è un film (anche) radicale semplicemente perché Denis Villeneuve fa’ (soprattutto) cinema radicale.
Lo stesso rigore di Villeneuve gli si ritorce infatti contro, minandone gli aspetti più esegetici o visionari del romanzo, che infatti finiscono in secondo piano (volutamente? Credo di sì) ma che sarebbe servito a rendere meglio alcuni concetti, come il Culto delle Bene Generis, l’importanza della Spezia, non soltanto come bene primario ma anche come elemento di evoluzione umana e/o spirituale, o della figura di (falso?) messia di Muad’dib, perché in fondo il tema centrale di Dune rimane sempre quello: il potere assoluto corrompe assolutamente e anche quello che percepiamo come l'eroe in realtà è soltanto l’ennesimo dittatore impostosi con la forza in un continuo circolo vizioso che, dall’alba dei tempi, è rimasto sempre lo stesso.
Molto buona, comunque, la risposta del pubblico in tutto il mondo ma soprattutto ottima quella da parte della critica internazionale per un’ipnotica epifania di epos bellico impreziosita da un cast che, oltre ai protagonisti Timothée Chalamet & Zendaya, e ai ritorni dal primo capitolo di Javier Bardem, Rebecca Ferguson, Josh Brolin, Stellan Skarsgård, Dave Bautista e Charlotte Rampling vede le new entry di Austin Butler, Florence Pugh, Christopher Walken, Lea Seydoux e Souheila Yacoub oltre al cameo, a sorpresa, di Anya Taylor-Joy in un ruolo importantissimo per il proseguo della saga.
VOTO: 7,5
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