Regia di Hirokazu Koreeda vedi scheda film
CIAK MI GIRANO LE CRITICHE DI DIOMEDE917: L’INNOCENZA
A più di un anno di ritardo dall’edizione del Festival di Cannes che gli ha conferito il premio della migliore sceneggiatura (meritatissimo) e con un titolo italiano che si allontana in modo deciso e fuorviante dal Monster originario, arriva nelle nostre sale un vero e proprio capolavoro di poesia e amore firmato dal maestro delle anime fragili Hirokazu Kore-eda.
L’incendio di un bar per adulti che apre il film diventa il collante usato per raccontare tre vite da tre diversi punti di vista e per rispondere alla domanda su chi sia il “Mostro” e il concetto di “Mostruosità” come critica amara nei confronti di una società giapponese chiusa a riccio in difesa dei valori della loro tradizione.
Abbiamo Saori Mugino una giovane vedova (suo marito è morto in un incidente stradale con la sua amante) che si è cresciuta da sola il figlio Minato, lavora in una lavanderia ed è molto preoccupata per il comportamento violento, autolesionista e fuori dalle righe che è in totale antitesi con quello che è in realtà il ragazzo. Tramite delle verità estorte a pezzetti e bocconi, Saori è sempre più convinta che Hori il nuovo maestro del figlio lo abbia preso di mira vessandolo e picchiandolo davanti alla classe.
La donna si trova di fronte il muro di omertà della scuola, preside in primis, che scaricano l’uomo ad una gogna pubblica pur di salvare l’onorabilità dell’istituto e che per Saori sembrano dei mostri dagli occhi spenti come fossero gli Ultracorpi della famosa invasione.
Come fosse un Rashomon moderno la storia si arricchisce di un ulteriore tassello, la versione del maestro Hori. Testimone dell’incendio con la fidanzata ma ripreso dagli alunni con il cellulare e sbattuto sui social come fosse un cliente dell’osceno bar. Hori in realtà è molto presente e amato dalla classe ma al tempo stesso è preoccupato dagli episodi di bullismo che vedono protagonista Yori, un ragazzino dalla delicatezza estrema sia nei modi che nella forma che lo rendono somigliante a una bellissima bambina. Il maestro, convinto che sia Minato il carnefice intraprende con lui un duro scontro e confronto ma al tempo stesso una certa identificazione visto che anche lui è stato cresciuto da una mamma single. Un colpo fortuito al volto degenera in una sorta di processo quasi mediatico che distrugge e rovina non solo la vita lavorativa di Hori ma anche quella affettiva.
Ma è il terzo punto di vista, quello di Minato che da tutte le risposte agli innumerevoli dubbi che la bellissima sceneggiatura di Yuji Sakamoto sparge per tutta la prima parte del film.
La parte finale è quella più bella e poetica, quella dove esplode la capacità di raccontare per immagini potentissime del bravissimo Kore-eda.
Tramite gli occhi di Minato capiamo il passaggio dall’infanzia all’adolescenza di due bambini che sono arrivati in quinta cresciuti attraverso il dolore della perdita di un genitore ma soprattutto attraverso le difficoltà e i valori di quello rimasto.
Se Minato viene protetto oltre misura dalla madre, Yori viene umiliato da un padre alcolizzato che considera il figlio un “Mostro col cervello di un maiale” perché è solo molto più gentile e poco virile rispetto ai maschi che lo circondano.
Tra Yori e Minato nasce un’amicizia che è molto pericolosa e inaccettabile per la società che li circonda. Per proteggere questo sentimento Minato lo umilia, fa un’opera di autosabotaggio che porta solo il male per tutti quelli che lo circondano.
Yori e Minato si creano una realtà solo loro all’interno di un vagone abbandonato, dove tra giochi e abbracci sentiti scoprono di conoscersi più di quanto il tessuto familiare crede di conoscerli.
Kore-eda giganteggia regalandoci un finale ad alta intensità emotiva che ricorda le favole morali di Miyazaki dove boschi oscuri, pericolosi e melmosi si trasformano in prati luminosi dove correre e ridere pur rimanendo noi stessi senza il bisogno di trasformarsi in qualcosa che la società vuole imporci.
Ma resta da capire in questa storia distribuita in multilivelli narrativi quale finale è reale e quale è favola.
Nel mezzo c’è tanto di quel cinema che fa dell’Innocenza uno dei più bei film di questa stagione cinematografica appena iniziata.
Voto 9
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