Regia di Vincenzo Terracciano vedi scheda film
Si cambia registro decisamente rispetto al precedente film di Terracciano (Tutto il tempo che ci resta): siamo di fronte ad una commedia surreale sui rapporti interpersonali fra i degenti della stanza 104 di un ospedale 'particolare'.
L'inizio è lento, sembra perdersi dietro troppe presentazioni dei personaggi. Poi tutto si trasforma in una girandola di 'appunti e contrappunti' tipici della migliore commedia d'autore (esplicativa, in tal senso, la presenza di Tiberio Murgia, ultimo superstite de I SOLITI IGNOTI, che si risveglia dal letargo al profumo dei manicaretti preparati, proprio come Capannelle al profumo della pasta e fagioli), con gag e battute molto efficaci.
Tutto fila liscio, dall'ideazione, alla progettazione, alla realizzazione della 'cena liberatoria', momento fulminante del film, durante il quale, asserragliatisi nella loro mitica 'stanza 104', i nostri sembrano rinati a nuova vita. E nemmeno l'intervento delle forze dell'ordine riuscirà a farli desistere dalla loro tavolata. Una 'grande abbuffata' in salsa comica, ma non per questo meno efficace. Il momento della cena diventa il momento delle riflessioni sulla malasanità e sulle costrizioni. Perché non si può scegliere?
Gruppo affiatato di interpreti e costruzione inappuntabile della sceneggiatura (premio Menzione speciale al Solinas 1999 a Laura Sabatino).
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