Regia di Abel Ferrara vedi scheda film
New York, vigilia di Natale del 1993, un uomo e una donna (Drea De Matteo e Lillo Brancato) assistono alla recita natalizia della loro bambina. Poi vanno al Rockfeller Center per comprare i regali da distribuire. La figlioletta vuole assolutamente la "Party Girl", la bambola che va tanto di moda in quel periodo, ma sono andate a ruba e il padre si mette in lista per ritirarla appena ne arriveranno delle nuove. Quindi arrivano a casa e dopo aver lasciato la figlia con la nonna la coppia si prepara per uscire. Ormai lo sguardo è inchiodato su questo quadro familiare idilliaco ubicato nella parte nobile della città, quella in cui ad ogni palazzo c'è un portiere in livrea e un'addetto che ti fa trovare la BMW all'uscita del palazzo. E segue la coppia in un percorso che, senza soluzione di continuità, li conduce all'interno del Bronx, in un'appartamento più umile, dove si cambiano d'abito, si mettono comodi e iniziano, insieme ad altre persone che intanto li hanno raggiunti nell'appartamento, a tagliare e confezionare eroina in piccoli contenitori pronti per essere smerciati in ogni angolo della città.
La cura certosina con cui Ferrara gira la prima mezz'ora del film è di quelle che costringono a osservare in tutto il suo naturale dispiegarsi la cesura tra il prima e il dopo una giornata tipo della coppia, la contrapposizione tra l'ammirevole apparenza pubblica condita da laute offerte di beneficenza e i traffici illeciti che sostanziano la loro vita privata. Chi conosce il cinema di Ferrara sa che quel percorso segna la linea di confine tra la luce e l'ombra, il bianco e il nero, la ricchezza e la povertà, il lusso e il degrado. Ovvero, le antitesi assimilabili a un luogo fisico come una grande città che determinano le condizioni di vita dei suoi abitanti sono uguali a quelle più propriamente vicine alle cose dello spirito : l'insensatezza delle loro attività criminali contrapposta alla consapevolezza di essere dei peccatori ma con sempre una porta aperta verso la redenzione. Come i "Fratelli", la coppia (i cui nomi non è dato sapere) vive la sua condizione di grandi trafficanti di droga con la naturalezza di chi è nato per fare proprio quello. Solo una situazione tragica che li coinvolga direttamente potrebbe farli riflettere sulla peccaminosità delle loro azioni, sulla possibilità di redimersi, di ripristinare un ordine delle cose che l'abitudinarietà del loro continuo cambiarsi d'abito ha reso sbiadite nella loro naturale dimensione quotidiana."Il nostro natale" è uno dei film più lineari di Ferrara, con un inizio e una fine rigorosamente concentrati sugli spostamenti (prima fisici e poi spirituali) della coppia e una parte centrale dove cade un pò di tono perchè, a mio avviso, indugia troppo su stilemi stereotipati. Nel complesso direi che si tratta comunque di un buon film, l'ennesimo dell'autore che probabilmente si è dimostrato il più capace a restituirci l'anima nera della "grande mela".
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