Regia di Julius Avery vedi scheda film
Un bel film del suo genere. Un genere stranissimo: un horror ecclesiologico.
Entrambe la funzioni, quello del paranormale inquietante e quello della fede, sono svolte bene: con onestà e profondità di contenuti, assieme alla spettacolarità. Effetti speciali (essenziali per far apparire l’inverosimile), e la sceneggiatura incalzante e coerente cospirano per un’opera d’arte che non svilisce un tema così delicato e anomalo, come quello dell’esorcismo cattolico. Che è, lo si ricordi bene, un fenomeno storico: al limite della schizofrenia, ma anche attestato migliaia di volte con incredibile quanto reale successo (oltreché con tanti insuccessi).
Il film di Avery è molto serio anche per come tratta questo aspetto: per quanto paradossale, la vicenda storica dell’esorcismo riporta alla luce l’esperienza cristiana del male. Esso è una forza vivente, personale, intenzionale, come quella di satana, che si impossessa variamente di sfortunati e immeritevoli soggetti. Per quanto poco credibile (e nemmeno vi crede chi scrive), tale esperienza del male oggettivato e impersonificato è una credenza della fede cattolica, come di tante altre. Un suo fascino, di testimonianza culturale, quindi la sceneggiatura la mantiene appieno, pur nell’inverosimiglianza complessiva.
Così appare eccessivo il peso dei peccati: sfruttati (in modo ben poco credibile) da un satana, ma rappresentano il fardello (reale) che molti individui recano con sé, con il loro senso di colpa. Anche questo è un elemento storico del cristianesimo, ben rappresentato.
Come ben rappresentata è la forza della fede: il pilastro di tutte le fedi, della religiosità in generale (qui quella cattolica ma certo non solo), è proprio la capacità di far fronte anche alle prove più terrificanti (e qui sono descritte, e non è stato solo sempre finzione, a quanto pare) in forza esclusivamente della propria fede, quindi solo grazie a Dio. Amorth dice a Milingo: «Non ho bisogno che nessuno difenda la mia fede». Perché, implicitamente, basta Dio a difenderla, non il soggetto stesso. Infatti il peccato dell’orgoglio è ben messo in evidenza.
E tale forza della fede non è solo retorica, qui: infatti è la costanza indefessa nella preghiera che permette al sacerdote di sconfiggere ciò che bisogna sconfiggere, e con empito epico. Che storicamente, ancora una volta torniamo a dirlo, non è qualcosa di assurdo: è un dato storico ricorrente, che per molte persone religiose la fede è l’unica arma contro gli ostacoli alla loro felicità.
La dedizione al sofferente, anche disinteressata, dell’esorcista, è un'altra onesta rappresentazione di tratti che il cristiano dovrebbe avere e che spesso ha mostrato. Anche questo è un dato storico: almeno quello dalle volontà di molti di sottoporsi a pesanti fatiche per amore altrui in quanto, secondo loro, bisognava così rispettare un ordine di Dio. Come qui fa Amorth.
Ottima la recitazione di tutti. Strepitoso Crowe, in una parte difficilissima. E molto italiana: il prete emiliano, che effettivamente fu esorcista riconosciuto (nonché capo assoluto nella chiesa cattolica, quindi sedicente universale, di questa specialità sotto il pontificato di Woityla e Ratzinger, e poi fino a quando visse), agisce in un contesto soprattutto italiano.
Il film è un ottimo prodotto dell’industria cinematografica anche perché ha ritmo, come detto, e adotta scenografie e musiche eccellenti: studiato in ogni parte, si vede che nessun particolare è lasciato al caso.
Appassiona gli amanti dell’horror senza urtare i sinceri religiosi. E viceversa.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta