Regia di Giuseppe Battiston vedi scheda film
Fausto Biasutti, un anonimo bibliotecario, stringe amicizia con Fausto Perbellini, altrettanto dimesso dipendente della società del gas, appassionato di fotografia. I due, abitanti a Roma, esprimono disagio per la frenesia della modernità e lo straniante contesto urbano. Hanno però un'occasione di cambiare le loro vite; il Biasutti eredita una casa di campagna con annesso fondo nel comune di Valvana, Friuli. Lasciano, dunque, case e lavori, e si stabiliscono nel paesino, con l'intenzione di vivere dei prodotti della terra e raggiungere l'autosufficienza alimentare ed energetica. Tra i buoni propositi e la realtà c'è un abisso, ma i due non si perdono d'animo. Commedia agrodolce diretta ed interpretata da Giuseppe Battiston (Fausto Biasutti), affiancato in scena da Rolando Ravello (Fausto Perbellini), "Io Vivo Altrove" ha una trama basata su premesse trite e ritrite, con uno sviluppo originale e non scontato. Il "paradiso agreste" immaginato dai due protagonisti, non esiste. Fausto Biasutti ha idealizzato, filtrando con i ricordi di quando era bambino, il mondo contadino, ottenendone un'immagine che non corrisponde alla realtà e tradendo, in parte, l'estrema fiducia che Fausto Perbellini, compagno ideale, ripone in lui. Il paese di Valvana è veramente un "altrove"; pochi veicoli, pochi abitanti, una farmacista ed un sacerdote, quali massime autorità del paese. Zero modernità; non sono visibili smartphone, computer. Ma l'accoglienza che questa piccola comunità offre ai due romani non è certo positiva. Alcuni si gettanto come falchi sui beni ereditati dal Biasutti; più o meno tutti, tranne prete e farmacista - anch'ella una "straniera", francese, la quale si lega al Perbellini - considerano i nuovi venuti due imbecilli. I due Fausto, peccano, di certo, di ingenuità, ma non si arrendono alle prime difficoltà. Lanciano la produzione di una birra, che non ottiene, per la verità un gran successo; curano un orticello. Installano, sfruttando la componentistica della vetturetta del Perbellini, un rudimentale impianto fotovoltaico, appena sufficiente per l'illuminazione domestica e poco altro. Il passare del tempo non aiuta, le difficoltà aumentano, i rapporti tra i due si incrinano. Ma, infine, la voglia di perseverare prevale; non sappiamo se i due protagonisti ce la faranno, ma confidiamo in un esito positivo. Del resto, nessuno dei due ha motivo o interesse a tornare indietro. Fausto Perberllini lascia a Roma la madre - con la quale è sempre vissuto - interessata esclusivamente ad un nuovo compagno di vita; Fausto Biasutti ha, nel cimitero di Valvana, le tombe di moglie e figlia, decedute sette anni prima a causa di un incidente. I due Fausto sono persone discrete, timide, decisamente fuori posto nella società moderna, della quale non apprezzano le innovazioni tecnologiche. L'"altrove" che cercano invita al recupero della genuinità del vivere, dell'essenzialità, del rispetto - anche formale : i due non smettono mai di darsi del "lei" - delle persone e della natura. Il ritmo del film è piuttosto lento. E' dato spazio ad evocative rappresentazioni della natura e del paesino, quasi fuori dal tempo, indolente, indifferente. Apprendo che il racconto è ispirato ad un'opera incompiuta di Flaubert, il romanzo "Bouvard E Pecuchet"; non la conosco. Ma la visione mi ha fatto pensare ad un altro romanzo di inizio '900, "Il Podere". La sorte di Fausto e Fausto è di certo migliore di quella di Remigio, protagonista dell'opera di Federigo Tozzi; ma non mancano momenti di vero dramma nella descrizione della loro permanenza a Valvana, non quel luogo d'idillio che essi immaginavano. Del resti, Il regista non aveva alcun interesse a presentarlo in tal senso e pertanto rielabora i topoi del contesto privandoli di quanto potrebbe costituire una falsa attrattiva. I contesti naturali e sociali non offrono una "facile sponda" ai protagonisti; spetta ad essi adattarsi. Non sarà facile, ma grazie alle loro tenacia e purezza d'animo, possono riuscire ... e a me piace pensare che ce la facciano !
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