Regia di Lyda Patitucci vedi scheda film
Stefania è un'appartenente alle forze dell'ordine, personaggio chiave di una lunga e complessa operazione di infiltrazione, condotta sotto nome di Vera, all'interno di una banda di malviventi originari dell'ex-Jugoslavia. Il fratello, Bruno, con il quale non ha relazioni da anni, ex-carcerato con un matrimonio sbagliato alle spalle ed una figlioletta da mantenere, intrapresa una poco fortunata carriera di rapinatore, ha l'occasione di fare il colpo della vita. Le strade dei due fratelli tornano, casualmente e drammaticamente, ad incrociarsi. La regista ferrarese Lyda Patitucci dirige un dramma di notevole intensità ponendo al suo centro il personaggio di Stefania / Vera. Donna non più giovanissima, dal volto segnato da una cicatrice, che è, in verità, poca cosa rispetto le lacerazioni del suo animo, Stefania è cresciuta lontano dalla famiglia a causa di gravi dissapori non ben precisati; ha cercato soddisfazione e conforto nel lavoro, riscuotendo con ogni evidenza la fiducia dei superiori, i quali le hanno affidato il compito, impegnativo e pericoloso, di infiltrarsi, in virtù della conoscenza della lingua slava, in una sanguinaria e spregiudicata gang di criminali dell'Europa dell'Est. Al tempo stesso, è una persona molto sola; il film racconta di un suo recente fallimento sentimentale. Tormentata, corrosa dalla tensione connessa al ruolo, proprio nel momento in cui ha la possibilità di portare a termine la missione assegnatale, le si presenta un'inaspettata complicazione. Il fratello Bruno è assoldato dagli slavi per una pericolosa rapina. Ella finge di non conoscerlo; successivamente tenta di dissuaderlo dal partecipare al colpo, e, in tal frangente, entra a contatto con la dolcissima nipotina Marta, un "fiore" cresciuto tra degrado di ogni genere. Bruno le dà retta, progetta una fuga, ma è troppo tardi. E' costretto ad unirsi alla banda con la forza. Il colpo non ha luogo, l'uomo è ucciso a sangue freddo. Per Stefania, ciò rappresenta una doppia tragedia; perde un fratello così inaspettatamente ritrovato e conclude la sua carriera in polizia, essendole addossata la responsabilità della morte di Bruno, sulla cui presenza nella banda era stata reticente. Pur travolta dal dolore e dai rimpianti, Vera trova la forza di reagire. Il tentativo di rapina si ripete; questa volta riesce. Dopo un ennesimo atto di ferocia, Stefania, ancora informalmente coinvolta nell'operazione di polizia, fa intervenire gli ex-colleghi e, approfittando del caos che ne segue, si allontana indisturbata. Passa a prendere Marta, la quale, nonostante la giovanissima età, è messa al corrente puntualmente di ciò che accade - la morte del padre, il prossimo abbandono della madre - fuggendo insieme a lei verso destinazione ignota, con l'intento di iniziare una nuova vita. La bambina, in grado di comprendere ciò che le accade intorno ma, come naturale per l'età che mostra, bisognosa di sicurezza e conforto, è interpretata da Carolina Michelangeli; Andrea Arcangeli è Bruno, un ragazzo che, in passato, ha commesso molti errori e non può rinunciare al crimine poichè è l'unico strumento che ha a disposizione per reperire le risorse necessarie al benessere della figlioletta, persona cui tiene più di ogni altra. Isabella Ragonese è Stefania / Vera; non credo che il nome fittizio sia stato scelto a caso. Ella, pur non condividendo propensione alla crudeltà e finalità dei banditi slavi, sembra a suo agio più nei panni di una criminale senza ieri e senza domani, che in divisa di rappresentante delle forze dell'ordine; donna abituata sin da piccola a combattere contro le insidie della vita, uscendo dalle battaglie a volte sconfitta, a volte vittoriosa, ma mai senza ferite, le quali difficilmente guariranno. Il luogo di ambientazione è Roma, riconoscibile da alcuni dettagli, in particolare la località dell'avvenuta rapina. Potrebbe però essere una qualunque città della penisola. I personaggi si esprimono in italiano, pur con "regionalismi", lievi, o, nel caso di Gaetano (Gennaro di Colandrea), più accentuati. La fotografia predilige colori cupi, spenti; anche le sequenze più luminose sono rappresentate in tonalità smorzate; il montaggio è frenetico. "Come Pecore In Mezzo Ai Lupi" è un thriller drammatico di forte impatto; rappresenta senza veli un ambiente di degrado morale e solitudine; di indifferenza tipica dei grandi centri urbani; di abitudine alla violenza. Racconta di legami familiari trascurati, di rimpianti, di dolori. Dà voce ad un innato desiderio di redenzione di quelle, tra le molte anime dolenti tratteggiate nel film, per le quali c'è ancora speranza; si conclude mostrando una possibilità salvezza, la quale può essere colta solo dopo essersi lasciati alle spalle un contesto sociale e morale, il quale non concende, evidentemente, alcuna prospettiva di miglioramento.
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