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Un eroe fatto in casa

Regia di Mike Binder vedi scheda film

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La recensione su Un eroe fatto in casa

di degoffro
6 stelle

Sciatto è sciatto, sia come regia, sia come recitazione, sia come sceneggiatura e su questo non ci piove. Eppure “Un eroe fatto in casa” commediaccia goliardico demenziale scritta ed interpretata da Damon Wayans, celebre comico di colore americano da noi ignoto, e diretta da Mike Binder è, a suo modo, una simpatica, ingenua e qua e là spassosa parodia dei supereroi oltre che un divertito omaggio a quello che è stato un cult della mia infanzia: la mitica serie tv “Batman” con Adam West. L’incipit è spiritoso: due ragazzini sono davanti alla televisione pronti a vedere Batman ma la ricezione è altamente difettosa: dopo vari tentativi, il più piccolo dei due, Darryl, scopre che con un particolare collegamento allo sciacquone del water la tv funziona. Solo che a furia di tirare l’acqua per vedere decentemente il telefilm, la casa si allaga. Passano gli anni e Darryl non ha perso la sua abilità nel costruire, con rottami di ogni genere, ingegnosi e funzionali marchingegni. Dopo l’omicidio della nonna da parte del boss mafioso Minnelli, Darryl stanco del degrado sempre più evidente in cui è precipitata la città, decide di “lottare per fare del mondo un posto più sicuro”. Nasce così Blankman: ridicolo costume rosso antiproiettile, mascherina di spugna rossa, guanti gialli, mantello variopinto e un armamentario ricchissimo tra cui una bomboletta a flatulenza compressa per sconfiggere gli avversari. Non mancano il super mezzo per muoversi (la blankcicletta), il rifugio (la blankstazione), lo schermo per controllare la città (il blankmonitor) e un robottino che corre in aiuto nelle situazioni di emergenza (chiaro riferimento all’indimenticato Numero 5 di “Corto circuito”). La prima missione è aiutare a partorire una donna incinta rimasta bloccata in ascensore: con l’aiuto del fratello Kevin, seriamente preoccupato delle condizioni mentali di Darryl (solo che durante la visita dallo psichiatra, interpretato dallo stesso regista Binder, a risultare pazzo è Kevin e non Darryl) la donna dà alla luce un maschietto. Blankman diventa in poco tempo un mito per la popolazione ed il principale “persecutore del crimine”. Di lui si interessa la giornalista d’assalto Kimberly sulla quale ha messo gli occhi invano anche suo fratello Kevin. Dopo una crisi di identità ed il conseguente ritiro dalla scena pubblica, causati dal fatto che non è riuscito, durante una pericolosa operazione, ad evitare la morte del sindaco e a garantire alle forze dell’ordine, da tempo in sciopero, il recupero di tutti gli stipendi arretrati, Darryl con la complicità di Kevin a sua volta divenuto eroe mascherato con un costume altrettanto ridicolo, rientra in azione per salvare Kimberly, rapita dallo spietato Minnelli. Tra mille difficoltà, trappole incredibili e bombe esplosive, Blankman riuscirà a consegnare alla giustizia Minnelli e a conquistare definitivamente, come timido Darryl, il cuore di Kimberly, già da tempo peraltro ben consapevole della sua vera identità. Impostato come una delle puntate di Batman con tanto di scritte onomatopeiche in sovrimpressione durante le botte con i cattivi, il simbolo di Blankman ai cambi di scena, le domande sulla sorte del nostro eroe quando è in trappola e per lui non sembra esserci possibilità di salvezza (qui se le pone lo stesso protagonista suscitando l’irritazione del fratello, anziché la voce fuori campo) “Un eroe fatto in casa” è un film/fumetto povero, decerebrato, incolore ed asfittico ma tutto sommato allegro, infantile, buffonesco e senza pretese, con personaggi volutamente caricaturali e situazioni comiche sfacciatamente paradossali ed assurde. Non mancano gli immancabili doppi sensi a sfondo sessuale (Kevin che parla con il fratello attraverso una ricetrasmittente che ha nei pantaloni, la signora incinta che, durante il parto, convinta di stringere la mano di Kevin si complimenta per la grandezza del suo pollice quando in realtà stringe qualcos’altro), ma l’innocuo, telefonato e sciocchino prodotto non irrita, non infastidisce, scorre abbastanza veloce e riesce persino a strappare qualche timida, striminzita ed inattesa risata. Comunque più un film di Wayans che non di Binder, il che non è necessariamente un male. Binder, al suo terzo film dopo “Oltre il ponte” e “Ritorno a Tamakwa”, sembra limitarsi a mettere la firma, assecondando la folle ma in fondo contenuta e fanciullesca stravaganza dell’attore protagonista, certo in quest’occasione meno insopportabile di Chris Rock, Chris Tucker o altri vari insulsi emuli di Eddie Murphy. Il cinema qui in ogni caso non centra nulla ma se è una serata in cui per cause di forza maggiore dovete mettervi a stirare e non volete rinunciare al vostro film quotidiano da poter guardare distrattamente anche con un occhio solo (e in queste condizioni infatti l’ho guardato partendo per di più da aspettative bassissime), “Un eroe fatto in casa” può essere perfetto per l’occorrenza. Potabile. Piccolissima partecipazione di Greg Kinnear. La debolissima sceneggiatura porta anche la firma di J. F. Lawton, un nome che non dice nulla eppure ha firmato la più celebre commedia sentimentale degli anni novanta: “Pretty woman” (reduce da quel set peraltro è anche Jason Alexander che qui, completamente pelato e su una carrozzina, interpreta il viscido capo di Kevin).

Voto: 6

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