Regia di Joaquim Dos Santos, Kemp Powers, Justin K. Thompson vedi scheda film
Il pomeriggio al cinema inizia con il trailer di "Mission Impossible". Il nuovo "Dead Reckoning" porta la dicitura "Parte 1". C'è già un secondo film che aspetta in naftalina, pronto ad uscire nel 2024. Penso ai poveretti che dovranno attendere per vedere il seguito. Decisamente ignaro di quanto mi spetta...
Sono trent'anni che le produzioni televisive si avvicinano progressivamente al cinema grazie a lauti investimenti che attirano registi, interpreti e sceneggiatori famosi. Nessuno più rifiuterebbe una serie adducendo una presunta inferiorità del prodotto. La TV è cambiata ma anche il cinema lo è, tanto che il confine tra l'una è l'altro è sempre più labile. Se la TV sta andando incontro alla settima arte il cinema si sta trasformando, a sua volta, in serialità, non più intesa come un numero casuale di sequel, prequel e reboot che si susseguono nel tempo finché le cose vanno bene e si continua a macinare quattrini. Quella è un'abitudine piuttosto vecchia oltre che longeva. La nuova frontiera della serialità cinematografica necessità, piuttosto, di lungimiranza, di progetti a lungo termine e di obiettivi che non contemplino la frase "se andrà il primo faremo il secondo".
Qualche anno fa "Mission Impossible: Dead Reckoning" sarebbe stato tagliuzzato ed infine ridotto ad un tempo di proiezione accettabile. Oggi le sforbiciate si riducono ad una, quella che serve a dividere in due parti un film che si vedrà intero nell'arco di dodici mesi. Un po' come in televisione. Dodici mesi di attesa sono la norma prima di consumare la successiva stagione della serie che più ci appassiona. Dunque ben vengano le saghe pianificate a tavolino ed anche film dal minutaggio proibitivo da spalmare, preventivamente e organicamente, in un paio di puntate.
Il "Dune" di Denis Villeneuve è un buon esempio dello sdoppiamento cinematografico odierno. Ancor più lo sarebbe il "Dune" di David Lynch se fosse arrivato ora nelle sale. Massacrato dal produttore a metà anni '80, verrebbe distribuito come un prodotto "televisivo" secondo il nuovo concetto della serialità cinematografica contemporanea. Il "Dune" di Lynch probabilmente durerebbe cinque ore per la gioia dei fan.
La divisione per due, inoltre, moltiplica gli incassi per lo stesso fattore. Un vantaggio a cui risulta difficile sottrarsi se si hanno delle buone carte per le mani. Lungimiranza a obiettivi precisi si diceva. Nel passato recente successe che Quentin Tarantino sdoppiò il troppo lungo "Kill Bill" che passò due volte per le sale a distanza di sei mesi (nel 2003/2004). E successe che gli appassionati di Harry Potter dovettero attendere otto mesi per portare a compimento l'ultimo ed irrinunciabile appuntamento con "I doni della morte". Era il biennio 2010/2011. Forse mi sbaglio ma ho l'impressione che il fenomeno si stia intensificando, che i film vengano tagliati con l'accetta e che i tempi di attesa si stiano consapevolmente allungando. Si va dai due anni di "Dune" di Villeneuve ai 12 mesi dell'ultimo capitolo del franchise "Mission Impossible" e, dulcis in fundo, ai dieci di Spider-Man. Proprio lui, il film in programma nel pomeriggio.
Ma siamo ancora nel territorio del cinema? Una domanda che frulla nella mia testa ancor più velocemente dopo la discesa nei multiversi ragneschi. Cos'è dunque "Spider-Man: Across the Spider-Verse"? Un prologo? Un non-film? Una non-serie?
Lo avrei visto se avessi saputo di Spider-Man: Beyond the Spider-Verse"? Probabilmente sì perché mio figlio, che già vorrebbe vedere il trailer del terzo capitolo, mi avrebbe accompagnato in sala al guinzaglio. Ma forse lo avrei convinto a guardarlo a casa fra 10 mesi prima di andare al cinema per il capitolo conclusivo. Giusto per non aspettare così tanto che ricominci l'avventura e non essere assaliti dalla domanda "dov'eravamo rimasti"?
Come in "Dune" di Villeneuve il film su Miles Morales si chiude sul più bello. Una non fine. Un amico mi dice dopo i titoli di coda: "Avrei visto un'altra ora di film pur di vederlo compiuto".
Detto, dunque, che non sopporto molto i "to be continued" e che ben quattro adulti su quattro avrebbero prolungato l'esperienza in sala per vedere il "the end" devo ammettere che il film ha il suo perché. Ha fascino da vendere benché mi riesca difficile dargli una valutazione precisa. Checché si voglia dire l'opera è mozza. E soprattutto non avrebbe alcun senso senza la seconda in arrivo a fine marzo 2024.
Dal punto di vista grafico il film è un'assoluta meraviglia. Ad ogni universo corrisponde un tratto preciso. Terra 65 è acquarellata, umorale e monocromatica. Tutto tende e confondersi in un unico fondale mono-tinta parco di ddettagli ma ricco di emozioni. Terra 42 è dark come il destino di chi vi abita. Si distinguono sono i bagliori delle sirene. Il pianeta di Miles Morales, come nel primo episodio, vezzeggia la street art e la tridimensionalità dell'immagine. Ogni mondo ha un suo stile come in Mumbattan i cui palazzi ricordano la china e l'acquerello su carta o certa pittura orientale. Su Terra-928 l'ipertecnologico quartier generale sfrutta le sensazioni levigate di un disegno creato da un'intelligenza artificiale, perfetto e dettagliato fino all'inverosimile. La confezione è affastellata di dettagli cromatici e abbondanza di personaggi che si muovono, indipendenti, nel caotico succedersi del multiverso. Il film, tuttavia, non funzionerebbe se dovesse contare esclusivamente sul disegno. Troppo spesso la CGI ha consentito di produrre effetti speciali mirabolanti che hanno prodotto l'effetto Wow necessario a colmare la pochezza della sceneggiatura e la mancanza di spessore psicologico. Non è il caso di "Spider-Man: Across the Spider-Verse". Ogni ragno è prigioniero di una qualche ragnatela che lo avvolge fino a paralizzarne l'anima. Miguel O'Hara è oppresso dal rimorso e imbavagliato dall'autocontrollo necessario a domare poteri furenti. Reprime scatti d'ira e qualsiasi forma di empatia. Un ragno velenoso? Il personaggio più intrigante è probabilmente Gwen Stacy che porta sulle proprie spalle i malumori dell'adolescenza acuiti dal senso di colpa per la morte involontariamente causata all'amico Peter Parker. Riesce tuttavia a reagire e portare il racconto al "miglior finale possibile" radunando una squadra di ragni dalle molteplici sfaccettature in cui risaltano i nuovi Hoby Brown, lupo solitario complottista, e Pavitr Prabhakar, super eroe egocentrico ma sostanzialmente buffo e simpatico, un otto zampe che da quel tocco di humor ad un cinefumetto dalle tinte fosche e cupe in cui nemmeno Spider-Woman/Jessica Drew riesce a comunicare, con il pancione da neomamma, il senso di serenità che tale condizione esprimerebbe. Infine, ancor più che nel primo "Spider-Man: un nuovo universo" siamo di fronte ad un complicato coming of age per il giovane Miles Morales, stretto tra la responsabilità del potere ed il desiderio di normalità, tra la fame di indipendenza e il confortevole nido famigliare. Il rischio della solitudine è dietro l'angolo per tutti gli eroi di questo nuovo capitolo e la rappresentazione grafica nonché il commento musicale rendono perfettamente tale disagio. Straordinariamente ad alleggerire il contesto ci pensa il super cattivo. "La macchia" è spiritoso quanto Morales. Di O'Hara neanche parlarne. Lo vedremo assumere toni più neri nel prossimo capito ma per ora godiamoci l'esilarante spesa al drugstore. Infine è d'obbligo un accenno al citazionismo compulsivo che provocherà negli aracnologi le convulsioni del veleno di un "Phoneutria nigriventer". A loro il compito di distinguere tra centinaia di ragni che alla chiamata rispondono " quale Spider-Man?". Agli esperti dei fumetti e dello Spiderverso letterario il compito di dare a tutti un'identità precisa ed un numero alla Terra d'origine. Io una lacrimuccia per lo Spider-Maguire l'ho trattenuta. Ai suoi tempi ero un pelo più giovine e avrei baciato volentieri Kirsten Dunst a testa in giù.
Quattro stelle sulla fiducia in attesa di vedere ciò che sta "al di là dello spiderverso".
Charlie Chaplin Cinemas - Arzignano (Vi)
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta