Regia di Joaquim Dos Santos, Kemp Powers, Justin K. Thompson vedi scheda film
Il pomeriggio al cinema inizia con il trailer di "Mission Impossible". Il nuovo "Dead Reckoning" porta la dicitura "Parte 1". C'è già un secondo film che aspetta in naftalina, pronto ad uscire nel 2024. Penso ai poveretti che dovranno attendere per vedere il seguito. Decisamente ignaro di quanto mi spetta...
Sono trent'anni che le produzioni televisive si avvicinano progressivamente al cinema grazie a lauti investimenti che attirano registi, interpreti e sceneggiatori famosi. Nessuno più rifiuterebbe una serie adducendo una presunta inferiorità del prodotto. La TV è cambiata ma anche il cinema lo è, tanto che il confine tra l'una è l'altro è sempre più labile. Se la TV sta andando incontro alla settima arte il cinema si sta trasformando, a sua volta, in serialità, non più intesa come un numero casuale di sequel, prequel e reboot che si susseguono nel tempo finché le cose vanno bene e si continua a macinare quattrini. Quella è un'abitudine piuttosto vecchia oltre che longeva. La nuova frontiera della serialità cinematografica necessità, piuttosto, di lungimiranza, di progetti a lungo termine e di obiettivi che non contemplino la frase "se andrà il primo faremo il secondo".
Qualche anno fa "Mission Impossible: Dead Reckoning" sarebbe stato tagliuzzato ed infine ridotto ad un tempo di proiezione accettabile. Oggi le sforbiciate si riducono ad una, quella che serve a dividere in due parti un film che si vedrà intero nell'arco di dodici mesi. Un po' come in televisione. Dodici mesi di attesa sono la norma prima di consumare la successiva stagione della serie che più ci appassiona. Dunque ben vengano le saghe pianificate a tavolino ed anche film dal minutaggio proibitivo da spalmare, preventivamente e organicamente, in un paio di puntate.
Il "Dune" di Denis Villeneuve è un buon esempio dello sdoppiamento cinematografico odierno. Ancor più lo sarebbe il "Dune" di David Lynch se fosse arrivato ora nelle sale. Massacrato dal produttore a metà anni '80, verrebbe distribuito come un prodotto "televisivo" secondo il nuovo concetto della serialità cinematografica contemporanea. Il "Dune" di Lynch probabilmente durerebbe cinque ore per la gioia dei fan.
La divisione per due, inoltre, moltiplica gli incassi per lo stesso fattore. Un vantaggio a cui risulta difficile sottrarsi se si hanno delle buone carte per le mani. Lungimiranza a obiettivi precisi si diceva. Nel passato recente successe che Quentin Tarantino sdoppiò il troppo lungo "Kill Bill" che passò due volte per le sale a distanza di sei mesi (nel 2003/2004). E successe che gli appassionati di Harry Potter dovettero attendere otto mesi per portare a compimento l'ultimo ed irrinunciabile appuntamento con "I doni della morte". Era il biennio 2010/2011. Forse mi sbaglio ma ho l'impressione che il fenomeno si stia intensificando, che i film vengano tagliati con l'accetta e che i tempi di attesa si stiano consapevolmente allungando. Si va dai due anni di "Dune" di Villeneuve ai 12 mesi dell'ultimo capitolo del franchise "Mission Impossible" e, dulcis in fundo, ai dieci di Spider-Man. Proprio lui, il film in programma nel pomeriggio.
Ma siamo ancora nel territorio del cinema? Una domanda che frulla nella mia testa ancor più velocemente dopo la discesa nei multiversi ragneschi. Cos'è dunque "Spider-Man: Across the Spider-Verse"? Un prologo? Un non-film? Una non-serie?
Lo avrei visto se avessi saputo di Spider-Man: Beyond the Spider-Verse"? Probabilmente sì perché mio figlio, che già vorrebbe vedere il trailer del terzo capitolo, mi avrebbe accompagnato in sala al guinzaglio. Ma forse lo avrei convinto a guardarlo a casa fra 10 mesi prima di andare al cinema per il capitolo conclusivo. Giusto per non aspettare così tanto che ricominci l'avventura e non essere assaliti dalla domanda "dov'eravamo rimasti"?
Come in "Dune" di Villeneuve il film su Miles Morales si chiude sul più bello. Una non fine. Un amico mi dice dopo i titoli di coda: "Avrei visto un'altra ora di film pur di vederlo compiuto".
Detto, dunque, che non sopporto molto i "to be continued" e che ben quattro adulti su quattro avrebbero prolungato l'esperienza in sala per vedere il "the end" devo ammettere che il film ha il suo perché. Ha fascino da vendere benché mi riesca difficile dargli una valutazione precisa. Checché si voglia dire l'opera è mozza. E soprattutto non avrebbe alcun senso senza la seconda in arrivo a fine marzo 2024.
Dal punto di vista grafico il film è un'assoluta meraviglia. Ad ogni universo corrisponde un tratto preciso. Terra 65 è acquarellata, umorale e monocromatica. Tutto tende e confondersi in un unico fondale mono-tinta parco di ddettagli ma ricco di emozioni. Terra 42 è dark come il destino di chi vi abita. Si distinguono sono i bagliori delle sirene. Il pianeta di Miles Morales, come nel primo episodio, vezzeggia la street art e la tridimensionalità dell'immagine. Ogni mondo ha un suo stile come in Mumbattan i cui palazzi ricordano la china e l'acquerello su carta o certa pittura orientale. Su Terra-928 l'ipertecnologico quartier generale sfrutta le sensazioni levigate di un disegno creato da un'intelligenza artificiale, perfetto e dettagliato fino all'inverosimile. La confezione è affastellata di dettagli cromatici e abbondanza di personaggi che si muovono, indipendenti, nel caotico succedersi del multiverso. Il film, tuttavia, non funzionerebbe se dovesse contare esclusivamente sul disegno. Troppo spesso la CGI ha consentito di produrre effetti speciali mirabolanti che hanno prodotto l'effetto Wow necessario a colmare la pochezza della sceneggiatura e la mancanza di spessore psicologico. Non è il caso di "Spider-Man: Across the Spider-Verse". Ogni ragno è prigioniero di una qualche ragnatela che lo avvolge fino a paralizzarne l'anima. Miguel O'Hara è oppresso dal rimorso e imbavagliato dall'autocontrollo necessario a domare poteri furenti. Reprime scatti d'ira e qualsiasi forma di empatia. Un ragno velenoso? Il personaggio più intrigante è probabilmente Gwen Stacy che porta sulle proprie spalle i malumori dell'adolescenza acuiti dal senso di colpa per la morte involontariamente causata all'amico Peter Parker. Riesce tuttavia a reagire e portare il racconto al "miglior finale possibile" radunando una squadra di ragni dalle molteplici sfaccettature in cui risaltano i nuovi Hoby Brown, lupo solitario complottista, e Pavitr Prabhakar, super eroe egocentrico ma sostanzialmente buffo e simpatico, un otto zampe che da quel tocco di humor ad un cinefumetto dalle tinte fosche e cupe in cui nemmeno Spider-Woman/Jessica Drew riesce a comunicare, con il pancione da neomamma, il senso di serenità che tale condizione esprimerebbe. Infine, ancor più che nel primo "Spider-Man: un nuovo universo" siamo di fronte ad un complicato coming of age per il giovane Miles Morales, stretto tra la responsabilità del potere ed il desiderio di normalità, tra la fame di indipendenza e il confortevole nido famigliare. Il rischio della solitudine è dietro l'angolo per tutti gli eroi di questo nuovo capitolo e la rappresentazione grafica nonché il commento musicale rendono perfettamente tale disagio. Straordinariamente ad alleggerire il contesto ci pensa il super cattivo. "La macchia" è spiritoso quanto Morales. Di O'Hara neanche parlarne. Lo vedremo assumere toni più neri nel prossimo capito ma per ora godiamoci l'esilarante spesa al drugstore. Infine è d'obbligo un accenno al citazionismo compulsivo che provocherà negli aracnologi le convulsioni del veleno di un "Phoneutria nigriventer". A loro il compito di distinguere tra centinaia di ragni che alla chiamata rispondono " quale Spider-Man?". Agli esperti dei fumetti e dello Spiderverso letterario il compito di dare a tutti un'identità precisa ed un numero alla Terra d'origine. Io una lacrimuccia per lo Spider-Maguire l'ho trattenuta. Ai suoi tempi ero un pelo più giovine e avrei baciato volentieri Kirsten Dunst a testa in giù.
Quattro stelle sulla fiducia in attesa di vedere ciò che sta "al di là dello spiderverso".
Charlie Chaplin Cinemas - Arzignano (Vi)
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"Dunque ben vengano le saghe pianificate a tavolino ed anche film dal minutaggio proibitivo da spalmare, preventivamente e organicamente, in un paio di puntate."
Quando ho letto questa frase un po' avevo storto il naso, però poi arrivato alla fine con "Detto, dunque, che non sopporto molto i "to be continued" mi sono rasserenato, perché anch'io non sono un fan dei film divisi a puntate che rischiano di diventare solo "opere mozze/non-serie tv", perdendo di fatto la loro unicità come lungometraggi cinematografici con un inizio, uno svolgimento e una fine. Perché un conto sono Villeneuve, Tarantino e le sorelle Wachowski che riescono magistralmente, attraverso scelte autoriali, a sviluppare un lungo discorso drammaturgico e cinematografico sulle loro opere, senza allungare inutilmente il brodo. E un altro conto sono Harry Potter, Hunger Games e saghe affini (mettiamoci anche il furbo Loro 1 e 2 di Sorrentino) che producono parti 1 inutilmente allungate per poi condensare la maggior parte della "ciccia" nelle parti 2, dando la sensazione dunque di voler inutilmente lucrare sul portafoglio dello spettatore.
Ergo, queste pratiche seriali, che ora possiamo chiamare "franchising-crossmediali" data la natura versatile di questi prodotti commerciali come i film del MCU (ho trattato il tema nella mia ultima recensione sui Guardiani), alla lunga secondo me non faranno che danneggiare la Settima Arte, dato che oggigiorno sembra impossibile realizzare un film sotto le due ore o intorno all'ora e mezza.
Non si tratta più solo di allungare inutilmente il brodo a questo punto, ma anche di non essere più capaci di raccontare una storia sintetica e allo stesso tempo pregna stando nelle due ore canoniche, o peggio ancora di non avere più il coraggio di mandare in sala film lunghi di tre ore autoconclusivi come succedeva ai tempi del Signore degli Anelli (avremmo davvero accettato un Ritorno del Re diviso in due parti o un The Irishman diviso in 4 puntate su Netflix?). Certo, c'è l'eccezione di Avengers Endgame, ma ormai lì si trattava di un franchise amatissimo e che all'epoca era all'apice della sua popolarità e maturità, che ha potuto così esagerare col minutaggio dato che il pubblico ormai era presissimo dopo il cliffhanger di Infinity War (paradossalmente più compiuto di Across The Spider-Verse chiudendo l'arco evolutivo di Thanos).
Parlando di questo Across The Spider-Verse quindi, non possiamo far altro che giudicarla come un'opera mozza, e che arrivati sul finale ci si domanda: ma quanto serviva per concludere questo terzo atto con la Macchia incombente e Miles intrappolato nell'universo alternativo da cui proveniva il suo ragno di Terra 42? Servivano davvero altre dure ore, o bastava semplicemente un'ora e qualche minuto?
Quando vedremo la parte 2 potremmo giudicare il tutto con più cognizione di causa. Intanto basandoci su questa parte 1 non posso che concordare con tutto ciò che hai detto, il film graficamente è ancora più spettacolare del primo, però non hai trovato che ad un certo risulti troppo stucchevole il bombardamento visivo ad un certo punto, come se gli animatori avessero detto: "ok raga, siamo i migliori e ce lo possiamo permettere, ora facciamo vedere quanto siamo fighi con mille cameo e meraviglie visive in ogni singolo frame". L'anarchia visiva del primo l'avevo trovata molto più controllata e funzionale al racconto, mentre qua ho percepito a volte una voglia di stupire ad ogni costo, con qualche scena action forse non così chiara in certi momenti quando si muovono velocissimi in mezzo a mille colori.
In ogni caso, ci ritroviamo di fronte ad un capo d'opera visivo che setterà i canoni dei prossimi film d'animazione degli anni '20, come tra l'altro aveva già fatto il primo capitolo più umilmente, riportando l'animazione alla sua essenza, ossia il tratto del disegno 2D, smarcandosi con grande intelligenza e maestria dal marchio Pixar 3D che l'ha fatto da padrone per vent'anni suonati nel mondo occidentale. Across The Spider-verse è dunque la sintesi definitiva dell'animazione globale, come Miles Morales è la sintesi dello spirito dell'uomo ragno al Cinema e la Macchia del multiverso.
Ti rispondo alla prima parte.
Ormai è chiaro che il mondo dell'entertainment cinematografico è fatto così, ovvero franchise lunghissimi, reboot e via discorrendo. Ma se questo è il cinema di oggi tanto vale che almeno venga prodotto con un logica, con la giusta pianificazione. Penso alle varie fasi del MCU. Per cui mi vien da dire meglio così per evitare saghe destrutturate, contraddizioni interne e via dicendo. Se poi qualche film è troppo lungo è meglio che lo dividano in due piuttosto che ridurlo ad un pastrocchio di 90 minuti. Sempre preferibile ad una Director's cut che esce tre mesi dopo tra le polemiche e i rimpianti per un primo lavoro approssimativo. Il caso di Lynch insegna. E in tempi recenti Justice League di cui ho letto qualcosa non avendo mai visto i film. Detto questo io preferisco di gran lunga tre ore ed un film che si conclude. Ti dirò di più, se vedo i film di un franchise mi aspetto che la storia narrata si concluda nonostante sia implicita la possibilità che altre storie possano essere raccontate dopo. Non è il caso di Spider-Man: Accross the Spider-Verse dove è lapalissiana la troncatura.
Quindi io preferisco più corto e conclusivo ma piuttosto di un cesso meglio che facciano due film con una pianificazione pertinente.
Quanto al film. Sì dai sono veramente i più fighi. È giusto se la tirino un po'. Può darsi ci sia un overdose di colori. Anzi c'è sicuramente. Però mi vien da dire che tutto sta bellezza non avrebbe senso se non ci fosse stata una degna costruzione dei personaggi. Quella c'è ed è ciò che fa del film un'opera diversa dai soliti Cinecomics (come sai io ne ho visti pochissimi ma mi è bastato per capire l'andazzo).
Ti be continued...
:-D
Eh il problema è che anche nella stessa pianificazione a fasi del MCU ci sono contraddizioni interne e ormai linee narrative destrutturate, per non parlare di altri franchise che hanno imitato tale modello. Quindi è sempre meglio un prodotto lungo e autoconclusivo che non venga prolungato all'infinito come i progetti Marvel, che alla lunga stancano e basta fino a raggiungere livelli infimi di qualità. Quindi sì, ben vengano queste "due parti" se c'è un processo solido e creativo dietro, ma quest'ultimi si contano sulle dita di una mano, ergo è meglio che non diventi una prassi spezzettare storie sempre più lunghe e infinite. Poi non è detto che una versione lunga sia garanzia di certezza, infatti Justice League di 4 ore di Snyder è una vera zozzeria. Col Dune di Villeneuve vedremo, ma non dovremmo correre rischi perché c'è un grande autore dietro al progetto filmico.
Su Across the Spider-verse c'era tanta carne al fuoco quindi sì, alla fine hanno fatto bene così, ma se la seconda parte sarà solo di un'ora e mezza mi sentirò un po' preso in giro. La materia multiversale per ora non risulta stucchevole - svarionare è un attimo - e anche l'eccesso di stravaganze alla fine può essere accettato benissimo, l'importante è che non diventi puro fan service come No Way Home. I personaggi sono solidi infatti e hanno un bell'arco evolutivo, tant'è che l'incipit secondo me è la parte più bella del film insieme ai poteri della Macchia.
Attendiamo, a questo punto, con trepidazione il confronto tra le due nemesi, che di sicuro concluderanno una delle poche trilogie di "pura produzione", ossia senza particolari registi-autori coinvolti, all'interno del panorama hollywoodiano come aveva fatto magistralmente la trilogia reboot del Pianeta delle Scimmie. Lord e Miller possono essere considerati due autori? Ancora non ho visto i loro precedenti film (dovrò rimediare al più presto per poter scrivere bene di questo film), quindi per ora posso dire che questa nuova trilogia di Spider-man si può collocare benissimo tra le migliori trilogie cinecomic di sempre come quella di Raimi/Nolan/Singer/Gunn, anche se dietro la macchina da presa non ci sono dei veri e propri autori, ma grandi mestieranti con dietro un team creativo-visivo di prim'ordine (il regista Joaquim Dos Santos viene dalle meravigliose serie animate Avatar The Last Airbender e The Legend of Korra mentre Kemp Powers è il co-regista di Soul).
Io una lacrimuccia più che a Spider-Maguire che comunque ho nel cuore (il miglior Spider-man di sempre, pochi cazzi, vedremo poi Miles Morales col terzo capitolo, intanto ci metto lo Spider-man di Spectacular Spider-man come miglior trasposizione di Peter Parker nel mondo dell'animazione e fa pure una comparsata simpatica nella spider-caverna), l'ho quasi versata sul discorso della madre a Miles, che si connette poi molto bene al tema della solitudine-alienazione del XXI Secolo di stampo Millenial-Zoomer che prova Gwen, che non a caso si rifugia nel multiverso ragnesco (la Rete, Internet? FilmTV?) per trovare finalmente qualcuno che la capisce davvero senza giudicarla (almeno poco prima della fine del film) e trovare finalmente uno scopo nella propria vita. Sono parte di questa generazione solitaria, disillusa e volenterosa di ritagliarsi uno spazio in questo mondo, proprio come tutti gli Spider-man nel quartiere generale del Ragno-verso, di fatto un covo di reietti che vuole sentirsi parte di un grande progetto. Destino vs libero arbitrio, chi la spunterà? Miguel O'Hara ricorda molto l'Architetto di Matrix da questo punto di vista, e Spider-punk l'Oracolo. Vedremo col terzo capitolo come riusciranno a sbrogliare e sviluppare tutti questi temi, mentre gli spunti anti capitalistici sinceramente non li ho trovati dato che sono solo battute autoironiche sull'Arte (magari riascolterò meglio l'analisi critica di Roy Menarini sul suo canale YouTube). Al massimo la celebrazione iper-pop di tutto il ragno-verso è una riaffermazione del trionfo capitalistico del marchio di Spider-man (200 milioni di dollari di incasso in soli 3 giorni). A questo punto solo la soppressione dell'anomalia rappresentata da Miles e dalla Macchia può ricordare vagamente il sistema capitalistico che vuole omologare tutti e schiacciare i più deboli/diversi, ma questo spunto di riflessione mi sembra un po' forzato. La trilogia di Matrix rimarrà l'unica trilogia veramente antisistema e anticapitalista di tutto il panorama mainstream hollywoodiano, spiaze.
Più che altro, la trilogia su Miles Morales è un trionfo della rappresentazione della minoranza afroamericana su schermo (Black Panther accompagna solo) senza cadere in stereotipi e quote progressiste forzate create ad hoc per catture tutte le fette di pubblico possibile. Questa trilogia animata riconferma quindi innanzitutto il suo smaccato anti razzismo, soprattutto quando Miles Morales si contrappone a Miguel O'Hara che lo chiama "aborto del multiverso, non saresti dovuto nascere", una frase che avrebbe detto un qualsiasi fan purista di Spider-man razzista e reazionario, come quelli insultano la recente Sirenetta africana solo perché "non canonica" citando ATSV. Questa trilogia rivendica inoltre la sua completa vena anarcoide e rivoluzionaria, trasponendo il miglior multiverso di sempre e riuscendo ad imbastirci sopra un discorso critico tra omologazione e diversità, destino e libero arbitrio, amore e raziocinio, sublimando egregiamente lo spirito eroico dell'Uomo Ragno con nuove carte che rendono il percorso dell'eroe finalmente originale e non trito e ritrito, come invece ormai accade da tantissimi anni nei numerosi blockbuster che ci bombardano al Cinema.
Insomma, non solo ci troviamo di fronte ad una degna trasposizione di Spider-man dopo i lontani fasti del 2007, ma stiamo assistendo ad un nuova espansione dei confini dell'animazione, proprio come accade al multiverso attraversato da Miles Morales. Per ora resto sulle quattro stelle come te perché ho trovato il primo più "sobrio" visivamente e più compatto narrativamente, inoltre per dare 4.5 stelle devo vedere prima la seconda parte, in cui forse ci sarà un sequenza iconica/cult come quella di "What's up Danger" in Into the Spider-verse.
Un caro saluto e complimenti a tuo figlio che riesce a reggere film d'intrattenimento del genere alla sua età. Chissà come reagirà con i Guardiani della Galassia, un'altra trilogia degna di essere considerata Arte e non solo "film di supereroi".
E voilà. Ecco la seconda parte. Moooolto in anticipo rispetto al 29 marzo 2024 data probabile di uscita di Beyond the Spider-Verse. Come vedi so essere magnanimo. :-)
Come te non conosco molto di Lord & Miller. Vidi "Lego Movie". Niente che mi abbia entusiasmato. Avrei voglia di vedere "Piovono polpette" con mio figlio. Nel complesso credo sappiano fare molto bene il loro mestiere dietro le quinte sia come scrittori che nel ruolo di produttori. Credo che il tempo darà loro uno status più definito.
La mia lacrimuccia si inserisce nel contesto "citazionista' del film ed è solo di stampo "malinconico" visto che ai tempi di Spider-Man ero più giovincello. All'epoca avevo solo qualche anno di più rispetto ai tuoi attuali. E avevo le tue stesse difficoltà a trovare un posto nel mondo. I Trenta sono stati un toccasana. Per cui non mi meraviglia questa tua maggior fascinazione per la scena che descrivi. Dal punto di vista dei contenuti la mia scena preferita è quella dell'abbraccio tra padre e figlia ormai consapevoli delle loro identità.
La rete (e quindi anche Film.tv) possono essere un rifugio ma le relazioni sono ben più importanti. Già il film ce lo fa capire. Alla fine i ragni scappano dal multiverso per fare di meglio nella loro vita salvando le relazioni. Qualsiasi cosa, tuttavia, può diventare una trappola.
Sul discorso del capitalismo nemmeno io ci vedo possibili interpretazioni. Ci sta meglio quello sul razzismo benché io non l'abbia colto così fondamentale nel racconto.
Sulla Sirenetta mi trovi piuttosto impreparato. Non ho intenzione di vederlo perché non mi interessano per niente i remake live action di Disney. Se lo vedrò sarà perché mi ha costretto mio figlio. Ma non mi sembra tipo da sirenette.
Sull'argomento tuttavia penso che vi sia parecchia ipocrisia. A mio avviso è più giusto affidare alle minoranze ruoli che siano costruiti ad hoc attorno a loro. Trovo sia inutile adattare fiabe nordiche perché Disney deve dare un colpo al cerchio ed uno alla botte. Hanno tanti artisti che, per fare un esempio concreto, potrebbero saccheggiare la cultura africana e produrre decine di film d'animazione rifacendosi alle tradizioni culturali del continente nero. Idem in Asia. Ciò offrirebbe parti infinite alle minoranze. Film come Soul, Raya e Red hanno senso. La sirenetta a mio avviso non ha senso. Trilli non ha senso. È un mio parere. Rimango dell'avviso che i remake live action non abbiano senso prima di tutto.
Quanto a Morales speriamo che il terzo capitolo non deluda. Il mio figliolo ormai è abituato a stare al cinema. Anche il suo amico. Bravi bravi. Non hanno mai fatto una piega e sono usciti come due nerd scambiandosi opinioni e facendo domande. È più forte Parker o Morales? È cattivo O'Hara? Mentre ce n'era un paio dietro che allo scoccare della seconda non ne potevano più e si son beccati la ramanzina. La maggioranza era adulta tuttavia. Il target è decisamente più alto di otto anni.
The end
:-D
Rieccomi per la seconda parte! Sono stato preso da una maratona sui film di Lord e Miller, pardon XD
Avendo recuperato finalmente i loro film, riconfermo la natura di "cult dell'infanzia" di Piovono Polpette, un film davvero strampalato per i piccini all'insegna della creatività e dell'anticonformismo, in cui il rapporto conflittuale padre-figlio diventerà il perno della poetica di Lord e Miller. Quest'ultimo lo si ritrova anche in The Lego Movie a livello meta narrativo, che riconferma il genio dei due piccoli autori che destrutturano il brand per raccontarne la sua essenza più unica e spettacolare, tra Lego stop motion e un inno alla fantasia e all'anarchia. Tutto ciò ritorna anche negli Spider-verse, in cui Lord e Miller entrano in un brand per saturarlo e poi destrutturarlo raccontandone il suo spirito più artistico e anarcoide in barba alla brandizzazione seriale di ogni cosa. L'autenticità è il valore ultimo di questi due autori che in Miles vedono una salvezza per cambiare un mondo rigidamente regolamentato e plasmato (in questo ricorda molto la poetica antisistema wachowskiana).
Ah beh certo, tu hai vissuto in prima persona il mito dello Spider-man raimiano e anch'io ci sono affezionato molto, perché, nonostante fossi un fanciullo, già leggevo e guardavo di tutto su Spider-man, che resta il mio supereroe preferito. Mi ci rivedevo molto in lui da piccolo (nerd e sfigato a scuola), anche se forse a trent'anni diventerò più come Miguel O'Hara XD
Il rapporto padre-figlia è carinissimo e ho immaginato che ti avesse colpito molto. Io forse quella dinamica non la vivrò mai, ma sono contento anch'io che Peter B. Parker abbia trovato finalmente una sua dimensione, tant'è che è il mio personaggio preferito, almeno nel primo film. Miles e Gwen risplendono molto in questo secondo film e non puoi fare a meno che tifare per loro, infatti il ragno verso è un falso rifugio ed è nel proprio mondo che si deve fare la differenza, ergo fuori da Internet se i rapporti umani hanno ancora un loro motivo di esistere in mezzo a tutta questa tecnologia che ci iper stimola ogni giorno. Tutto può essere dunque una trappola e un falso rifugio.
Sull'argomento razzismo e minoranze hai completamente ragione e la penso come te, e in tutto questo Across The Spider-verse dimostra egregiamente alla Disney come le minoranze debbano essere integrate in un racconto creativo e serio, non in remake industriali senza nessuno spirito artistico e creativo. Se le quote minoranze verranno ficcate nei racconti unicamente per soddisfare un'agenda acritica di politicamente corretto e non per costruirci sopra una narrazione con del vero contenuto, allora otterremo solo l'effetto opposto nelle masse bianche e non solo. Da una parte c'è un razzismo duro a morire da parte dei fan puristi, dall'altra si nota la falsità e l'ipocrisia di uno studio cinematografico che non ha nessun interesse a compiere delle battaglia sociali per delle minoranze rappresentandole degnamente al cinema.
Miles Morales non è forte perché afroamericano, ma perché è un personaggio scritto bene inserito in un racconto che non vuole parlare solo di rappresentazione (femminismo, punk, indiani), ma di amicizia, destino, libero arbitrio, dolore, sofferenza esistenziale, alienazione, emancipazione e responsabilità. Cosa significa essere Spider-man? Questa è la domanda che si pongono Lord e Miller dal 2018 e a cui nel 2024 risponderanno definitivamente.
Molto interessanti gli aneddoti su tuo figlio :-D
Di sicuro avrei fatto le stesse domande anch'io se fossi stato un bambino oggi e dev'essere un assoluto privilegio per lui vedere un film del genere al Cinema. Il primo l'aveva visto al Cinema? Quelli dietro evidentemente non sono "cinefili" come tuo figlio e hai fatto bene a fargli la ramanzina (tutto dipende dall'educazione dei genitori) ;). Sei un ottimo padre e sono sicuro che tuo figlio diventerà un ottimo intenditore di Cinema con questo approccio ;)
Il target è alto anche per via delle tematiche mature che un bambino secondo me non può capire fino in fondo, poi si capisce che è un prodotto adulto dato che molte citazioni possono coglierle solo assidui lettori storici dei fumetti :D
The end anche per me ;-D
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