Regia di Mstyslav Chernov vedi scheda film
Reportage dall'Inferno
Il regista ucraino e giornalista vincitore del Premio Pulitzer Mstyslav Chernov alla vigilia dell’invasione russa dell’Ucraina, con una squadra di giornalisti ucraini, entra nella strategica città portuale orientale di Mariupol e offre una finestra sull’assedio con un resoconto inflessibile e angosciante dei 20 giorni trascorsi da lui e dai colleghi prima che la città divenisse zona di occupazione russa.
Mentre le bombe cadono, gli abitanti fuggono e l’accesso all’elettricità, al cibo, all’acqua e alle medicine viene interrotto, la squadra –unici giornalisti internazionali rimasti – fatica a coprire le atrocità della guerra e a trasmettere le riprese.
Una volta qualcuno mi ha detto : Le guerre non cominciano con un’esplosione. Cominciano in silenzio. I Russi sono entrati in città, la guerra è iniziata e noi abbiamo una storia da raccontare. Ma deve essere doloroso da guardare. Se il mondo vedesse tutto quello che è successo in Mariupol, darebbe almeno un significato a questo orrore. Il mio cervello vorrà disperatamente dimenticare tutto questo. Ma la telecamera non lo permetterà.
E' la sua voce fuori campo.
Quasi 100 minuti a guardare da molto vicino, praticamente in diretta e senza i tagli di giornali e cinegiornali, cos’è una guerra dei nostri tempi.
Dovremmo esserci abituati, ma non è così.
Almeno da Sarajevo ne abbiamo viste tante, reportages e cronache dal vivo, film, riprese choc, di tutto sui nostri schermi, piccoli e grandi, ma l’assedio di Mariupol in Ucraina è ai primi posti in questa classifica dell’orrore.
Cos’ha di diverso? Il silenzio.
I due reporter (forse tre, non li vediamo se non di sfuggita) partono da lì, dal silenzio che precede l’assedio, mentre in una livida giornata del febbraio 2022 la vita sembra normale, o ci si illude che lo sia.
Loro sono all’ultimo piano di un albergo, o forse Ospedale, sì Ospedale. Dalle finestre riprendono nuvole di fumo all’orizzonte.ILe strade sono vuote, alla fine arriveranno i carri armati con la Z, che in russo è guerra.
Ma c’è silenzio.
E questo silenzio è una coperta pesante che avvolge la città, è il silenzio dell’isolamento totale dal resto del mondo. Niente elettricità né internet, morti i cellulari.
Le riprese di Mstyslav Chernov, che a rischio della vita riesce a spedirle alle agenzie internazionali da qualche zona di connessione, sono l’unica testimonianza su quello che sta accadendo da venti giorni, da quando, cioè, Putin ha dato il via.
Quando si sta registrando una città distrutta pezzo per pezzo da granate, bombe a grappolo che cadono da caccia che schizzano nel cielo, carri armati puntati su condomini di nove piani, quando si sta seguendo la gente che scappa dalle case, scende nelle cantine perché non ci sono rifugi antiaerei e le cantine ti rovinano addosso, stringe i corpi dei cari morti, trasporta i propri cenci su carretti, i propri cenci o la merce che si ruba nei negozi devastati, quando si entra in quegli ospedali, uno, due, tre, sale operatorie senza antidolorifici, mezzi scarsi, camici insanguinati, gente che muore come mosche sotto i ferri, non si ha voglia di far politica, di parlare di politica.
Si è attoniti, le parole non soccorrono più, le immagini sono fin troppo eloquenti, si lascia fare allo spettatore.
Soprattutto i bambini, ne appaiono molti, morti prima di nascere, appena nati, vivi a pezzi, nel fisico e nel morale.
Cosa dire di un visetto d’angelo che dice piangendo: “Mi sono svegliata e c’erano le bombe, c’era la guerra”.
Cosa ne sa una bambina di sei, sette anni di cos’è la guerra? E come gliel’ hanno spiegata?
La macchina da presa scorre dappertutto in attesa, come tutti, che l’assedio dalla periferia riesca a sfondare e i Russi entrino in città, non c’è speranza che avvenga altro, che ci si svegli come da un brutto sogno.
20 giorni, un tempo infinito, poi la troupe, l’unica rimasta sul posto dallo scoppio della guerra, deve andar via con un convoglio della Croce Rossa, anche quello pericoloso da raggiungere. La gente non ha vie di fuga, chi è scappato nei primi giorni ha lasciato tutto ma ha salvato la pelle, tre quarti della popolazione è rimasta e noi li guardiamo come in uno specchio in cui ci riflettiamo, non possiamo chiamarci fuori da quei destini.
Brevemente passa qualche frammento di un’assurda polemica nata in quei giorni, quando da parte russa si spacciarono per fake news le immagini che arrivavano.
Nelle sale operatorie sono stati allestiti set con attori …
Poi per fortuna hanno smesso, c’è un limite a tutto.
Intanto i Russi sono entrati in città, all’86esimo giorno.
Da due anni quella sporca guerra va avanti, una ancora più sporca è iniziata da poco.
Molti giornalisti sono morti, a loro e ai sopravvissuti dobbiamo il grazie che i cittadini ucraini non finiscono di dire a Mstyslav Chernov e compagni mentre partono, grazie per aver fatto conoscere al mondo la loro morte.
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Questo reportage gira da qualche giorno nelle sale, se ne sa poco, un giorno di programmazione e via, lo scopri per caso e ti precipiti al cinema mollando tutto.
Certo, c'è la nostra vita, ci sono le nostre tiepide case, bisogna pensare ad altro, alla vita che scorre normale.
Qualcuno l’ha caricato su you tube, è già qualcosa.
Chi capisce cos’è il cinema si rende conto che nulla può sostituire il grande schermo, solo essere lì, come Mstyslav Chernov e compagni.
E questo è il filmato su you tube, per chi vuole
https://www.youtube.com/watch?v=zdlj7gWOogE
www.paoladigiuseppe.it
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