Regia di Massimo Franciosa vedi scheda film
Dino non è più giovanissimo, ha un lavoro noioso e poco redditizio e vive con la vecchia zia taccagna a cui deve un mucchio di soldi. Due sono i suoi sogni proibiti: liberarsi, anche economicamente, della zia e conquistare la bella Deborah. Un giorno trova per caso diecimila lire nella tasca di una giacca e si rende conto che quell'abito è stregato: può infatti sfornare banconote da diecimila a ripetizione.
La maledizione della ricchezza più smodata, ma in senso ancora più lato la maledizione del vedersi avverare tutti i propri desideri: questo è il nucleo del racconto di Dino Buzzati dal quale si muove la sceneggiatura (Buzzati/Franciosa) di La giacca stregata. Un film prodotto per la televisione, della durata di un'ora e mezza e girato in un bianco e nero che fomenta le atmosfere via via sempre più kafkiane (ma buzzatiane sarebbe già l'aggettivo giusto, senza bisogno di scomodare colleghi) della storia, con un Alberto Lionello mattatore assolutamente impeccabile. I limiti della confezione sono quelli noti per questo tipo di pellicola di quell'epoca: luci alte, da studio televisivo, costumi un po' troppo accurati, scenografie ugualmente approssimative, recitazione spesso teatrale, ritmo non altissimo; ma la trama è avvincente e accanto a Lionello troviamo una giovane Raffaella Carrà, Laura Adani, Warner Bentivegna, Elsa Merlini e Paola Dalpino. Massimo Franciosa si era da poco smarcato dal sodale ormai storico Pasqiale Festa Campanile, con il quale aveva già diretto qualche titolo cinematografico e, soprattutto, firmato svariate sceneggiature fin dalla seconda metà degli anni Cinquanta. 5/10.
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