Regia di Danny Philippou, Michael Philippou vedi scheda film
Una grossa metafora sulla depressione e lo sballo abusato.
Australia, una ragazza, postuma da una crisi depressiva, partecipa insieme ad un gruppo di amici ad una seduta spiritica con una mano mozzata ricoperta di ceramica. Attraverso una candela, una stretta di mano e un paio di frasi specifiche si evoca lo spirito che prende possesso della persona. Tutto però entro un tempo limitato sennò si rischia l’irreversibile e lo spirito rimarrà nel corpo del posseduto. Tutto ciò lo prenderanno come un gioco finché ad uno di loro capiterà lo spirito sbagliato che manderà a puttane le loro vite.
Una trametta raccontata così. E invece ha una sceneggiatura e una messinscena della madonna dove la possessione viene trattata alla stregua dello sballo e della droga e i personaggi sono stereotipati sì, ma fino ad un certo punto senza troppi eccessi di componente da teen movie. L’origine della mano è introdotta, ma non spiegonata, lo splatter esplode dove deve esplodere, i jumpscare sono pochi, ma ben costruiti da lunghi istanti di tensione, la follia e l’irrealtà prendono il sopravvento anche con situazioni all’apparenza sopra le righe, ma mai banali.
Il finale è da applausi, Fulciano, per niente scontato, riflessivo e molto interpretativo. Un’ora e mezza di horror scorrevole e bello ritmato, purtroppo non un capolavoro, ma un vero filmone.
I Philippou pare abbiano talento e cognizione del mezzo, perciò largo a loro per il prequel.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta