Regia di Kenneth Dagatan vedi scheda film
FAR EAST FESTIVAL 25 - CONCORSO
Al Far East Festival nr. 25 , la prima proiezione di mezzanotte è dedicata al cinema horror, e il tetro In my mother’s skin si rivela nuovamente un tipico film di genere filippino destinato, nonostante la povertà di mezzi con cui è stato realizzato, a tenere alta l’attenzione per le produzioni horror provenienti da questo Paese emergente.
Nel film, diretto da un abituale frequentatore del cinema horror come è il giovane Kenneth Dagatan, una riuscita atmosfera cupa e senza speranza che deriva dalle conseguenze della Seconda Guerra Mondiale in atto, e dalle influenze di uno spirito non meno maligno di quello che alimenta lo scontro bellico, si rivela l’aspetto più interessante di una storia di misteri un po’ lambiccati, ma ricchi di una azzeccata atmosfera da incubo.
Nel 1945, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, una bella villa che ostenta il ricordo di tempi migliori ospita una famiglia composta dal padre, che collabora con i giapponesi, e una madre malata che a stento riesce a prendersi cura dei due figli ancora bambini, Tala e Bayani.
Nella coppia anziana di due domestici l’uno è intento a trovare il famigerato tesoro nascosto dai giapponesi attorno alla villa durante l’invasione, mentre la consorte cerca di sostituirsi a una madre perennemente devastata dalla salute cagionevole che la costringe a letto per giornate intere.
Liberi di giocare nel parco della villa che confina con la foresta, i due bambini vivono più nel bosco che a casa. Lì Tala incontra una fata vestita come una statua della Madonna nel giorno della festa, che le predice un futuro di felicità e al benessere, finalmente.
Il problema è che, per guadagnarsi questa sorte positiva, la bimba deve sottostare a un patto che sprigiona le forze malefiche di antiche leggende presenti in quei luoghi ancora primordiali, dove si annidano presenze misteriose che covano tutto il loro rancore.
Un sentimento che avrà conseguenze terribili su tutti gli abitanti della casa, ancora più letali di quelle che la famiglia ha rischiato in occasione della liberazione di Manila da parte delle forze statunitensi, a seguito della ritirata dei Giapponesi.
L’inquietante horror di Kenneth Dagatan assume sin dal suo incipit la struttura di una favola nera, come quelle che si tramandavano in famiglia e si narravano ai bambini per impedire loro di farsi prendere dalla curiosità e perdersi tra i pericoli di un bosco fitto di insidie.
Il folklore del male rivisitato dalla fiaba popolare e l’orrore di un conflitto che vede Le Filippine come un territorio destinato a soccombere con l’avvento delle diverse forze straniere, permette al film di giocare le sue carte migliori proprio sull’atmosfera che riesce a ricreare la situazione storica e geografica.
Poi certo la storia si riduce poco per volta a essere schiava dei soliti effetti un po’ alla buona che la produzione a budget inevitabilmente limitato, ma dignitoso nella confezione del prodotto, consente di far propri.
La Fata Luminescente, che appare nel bosco alla bimba protagonista come una sorta di presenza apparentemente angelica, si dimostra il caro prezzo da pagare per sopravvivere a scapito di tutti gli altri, come in una sorta di legge della giungla in cui solo il più scaltro riesce veramente a sopravvivere.
Nel film, presentato all’ultimo Sundance e prodotto dal noto regista e produttore di Singapore Eric Khoo, la foresta è, come nella maggior parte dei film filippini (vedasi tutta la produzione dell’eccelso Lav Diaz), un elemento ben più che di contorno della vicenda, risultando la natura fondamentale per lo sviluppo del tetro e sanguinoso epilogo.
Nel cast spicca l’interprete di Tala, la bimba protagonista, resa con sussultante impeto dalla straordinaria giovane attrice Felicity Kyle Napuli, volto assai espressivo che riesce ad incarnare i tratti dell’autentico terrore.
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