Regia di Luchino Visconti vedi scheda film
Questo film, venuto dopo il travagliatissimo "Ludwig", fu malvisto da molti recensori alla sua uscita per la scelta da parte dell'autore di farlo produrre all'editore Rusconi, riconoscibilmente di destra: Visconti , dopo una lavorazione tormentata e colossale, puntò su questo soggetto ambientato del tutto in un appartamento lussuoso di un palazzo borghese. Messo insieme un cast interessante, di cui Burt Lancaster è fulcro e insieme osservatore e protagonista, il regista apre un discorso acutissimo, considerato che , concepito trenta e passa anni fa è a tutt'oggi valido, sulla volgarità strepitante e programmaticamente ignorante di una nuova classe di arricchiti senza alcuna base. "Gruppo di famiglia in un interno" , se gli si perdona certe accelerazioni narrative verso la conclusione ( il destino del personaggio di Berger è un pò pressapochistico in questo senso) e l'assurda situazione erotica sulle note di "Testarda io" della Zanicchi (!), goffa e fuori luogo, è l'ultimo capo d'opera di un maestro del cinema, una riflessione amara e sconsolata sulla Morte che incombe, come chiaramente mostrato nell'ultima sequenza, davvero inquietante, di un Lancaster moribondo a letto, che percepisce i passi al piano superiore come quelli della stessa che viene a prenderlo e lascia affiorare tutto lo sconforto di un personaggio elegante e conservatore.
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