Regia di Niki Caro vedi scheda film
Errare è umano, perseverare è diabolico. Premettendo che (quasi) niente e (praticamente) nessuno è perfetto, ci sono comunque dei limiti della decenza da non varcare per nulla al mondo, oltre i quali la questione si fa tremendamente seria e le colpe diventano imperdonabili.
Nello specifico di The mother, abbiamo una donna disposta a tutto pur di salvare una situazione originata da valutazioni sbagliate, da peccati di gioventù e ravvedimenti tardivi. Se questa donna agguerrita tenta in ogni modo di metterci una pezza, non si può dire altrettanto del film in questione.
Un pasticcio senza attenuanti, pensato - a buon mercato - e realizzato - con i piedi - fuori tempo massimo, debitore di un cinema dal pensiero e dal linguaggio antiquati (da Commando in giù, fino alla produzione che ha visto Chuck Norris protagonista), con il quale peraltro perde quasi tutti i possibili e immaginabili confronti diretti, al netto di variazioni/considerazioni contemporanee che, giustappunto, ne escono con le ossa rotte, affogate e stroncate da una pochezza disarmante che, a tratti, raggiunge livelli inqualificabili.
Una donna (Jennifer Lopez – The cell, Out of sight) con una grande conoscenza delle tecniche militari, è costretta a recidere ogni cordone con la sua vita, dovendo anche rinunciare alla figlia appena nata, e a scomparire nel nulla per salvarsi dagli intenti bellicosi di Hector Alvarez (Gael Garcia Bernal – Mozart in the jungle, I diari della motocicletta) e Adrian Lovell (Joseph Fiennes – Shakespeare in love, Risorto), due uomini spietati e maliardi con cui aveva avuto una relazione.
Dopo anni di silenzio guardingo, la donna è costretta a tornare in azione quando sua figlia (Lucy Paez - Silencio), ormai dodicenne, è presa di mira da Hector e Adrian, che vogliono stanarla per poi ucciderla.
Con l’aiuto di William Cruise (Omari Hardwick – Army of the dead, Kick-ass), un agente dell’Fbi, cercherà di chiudere definitivamente i conti con il suo tormentato passato.
In linea di principio, The mother vuole raggruppare adrenalina e sentimenti, alternare bastone e carota dipanandosi tra sequenze d’azione e una relazione interrotta per motivi di forza maggiore tra madre e figlia. Una duplice lunghezza d’onda che, alla luce di un dosaggio sballato e di uno sviluppo attaccato con lo sputo, causa continui sbalzi di tensione che provocano quasi solo ed esclusivamente danni.
Tanto per cominciare, in entrambi i casi, non emergono tratti distintivi in grado di fornire un apporto positivo. Sul versante dell’azione, alberghiamo in un’aurea mediocritas generalizzata (ora, senza voler tirare in ballo i vertici di John Wick, era perlomeno auspicabile avvicinarsi a un Tyler Rake), mentre per ciò che riguarda il tessuto emotivo, gli strafalcioni – essendo disseminati in lungo e in largo - prendono rapidamente il sopravvento, fino a diventare una vera e propria palla al piede, finale a parte dove la testa viene parzialmente rialzata, evitando il patatrac definitivo/esiziale, derivato dall’amore materno.
Andando alla caccia dei colpevoli di questo pseudo naufragio, la lista si fa lunga. Si parte da una sceneggiatura sciatta, incredibilmente – o forse, proprio per questo malandata - scritta a sei mani da Misha Green (Lovecraft Country), Andrea Berloff (Straight Outta Compton, World Trade Center) e Peter Craig (The town, The Batman), passando per un montaggio da macellaio di David Coulson (La signora dello zoo di Varsavia, La ragazza delle balene), fino ad arrivare alla regia di Niki Caro (North Country. Storia di Josey, Mulan), che non riesce a ovviare alle lacune espresse a monte, a conferire la minima qualità ai singoli scomparti, sui quali avrebbe potuto fare molto di più.
Viceversa, tra i pochi elementi che possono rientrare nel registro delle cose salvabili, rientra Jennifer Lopez, che dopo alcuni anni torna ad affrancarsi dalla commedia romantica (i recenti e disastrosi Un matrimonio esplosivo e Marry me – Sposami sono lontanissimi dai dignitosi Shall we dance? e Un amore a 5 stelle), mostrando una pertinente fisicità e tanta voglia di fare (ci mancherebbe altro, considerando il contratto pluriennale firmato con Netflix) nei panni di una action hero con la coscienza macchiata.
In definitiva, The mother fa acqua da tutte le parti, non riesce nemmeno a perfezionare le funzioni basilari, concettualmente semplici da mettere in pratica (vedi anche l’associazione di idee con una lupa e i suoi cuccioli), per non dire dell’utilizzo sciagurato di Gael Garcia Bernal, un pivot della recitazione dimenticato in ruolo a malapena abbozzato.
Avanza a viso aperto e con la pancia a terra, ma scivola su ogni buccia di banana che incontra sul suo cammino, ha il coltello tra i denti ma deve fare i conti con giunzioni abborracciate, di una vaghezza sconcertante, non sfrutta neanche le sciabolate che piazza ovunque, poiché si esauriscono alla velocità della luce, vittime di timing scriteriati, di vuoti d’aria che non lasciano scampo.
Una minestra riscaldata da evitare come la peste, un guazzabuglio stucchevole, di micidiale stoltezza.
Mortificante.
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