Regia di Brandon Cronenberg vedi scheda film
I figli d'arte, si sa, patiscono il ruolo che hanno, specialmente in ambito artistico. Raramente raggiungono, o anche solo sfiorano, le vette dei padri. Brandon porta un cognome pesantissimo, specialmente se decide di fare Cinema, come il padre. E' una condanna e non una forza, almeno dopo aver visto questo "Infinity Pool". L'impronta del padre c'è, e va bene, e c'è anche ll Cinema di Lanthimos: insomma, Brandon, bisogna riconoscerglielo, non cerca le cose facili e, chissà, col tempo potrebbe riuscire a focalizzare il suo Cinema, che non è comunque male. Dietro una storia banale, di coppie ricche e annoiate, "recluse" in un resort su un'isola di una nazione inesistente, si nasconde una riflessione sulla vita, sulla morte e sulle personalità che ci portiamo addosso vivendo. Questo in soldoni, perché in realtà il film di Brandon Cronenberg è lineare fino alla prima ora, per poi, purtroppo, ingarbugliarsi e inabissarsi nella seconda, in cui la mano gli sfugge e diventa un grande trip psichedelico, manco ci fosse Jerry Garcia dietro la macchina da presa. Ricorda, nella seconda ora, anche certi film pretenziosi anni sessanta, in bilico fra sperimentalismo e modernità. Peccato, perché la storia si è intorbidita il giusto nella prima parte, il film piaceva, gli attori anche, e si respirava un malessere sottile, molto disturbante. Dopodiché, svelato il perno della trama, "Infinity Pool" annoia e confonde, va a avanti addizionando situazioni apparentemente casuali, allucinogene, che dopo due ore lasciano con l'amaro in bocca per quello che poteva essere e non è stato. Cronenberg Jr. deve ancora farne di strada, anche solo per avvicinare il padre o Lanthimos. Ha, comunque, coraggio e visione.
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