Regia di Zoë Kravitz vedi scheda film
L’idea del plot non è male, e se fosse stata sviluppata con meno fronzoli figurativi (a beneficio di una sintesi temporale che non avrebbe guastato...) avrebbe avuto un buon potenziale “magnetico”. Anche perché la regia della rampolla Kravitz ha saputo creare alcune scene di buon cinema, con tutti i registri a posto, ha saputo avvalersi di una buona colonna sonora (con tal padre, d’altra parte...), e la narrazione è senz’altro corretta. Se non che si rigira troppo nelle sue intenzioni, se ne viene fuori verso il finale con un motto che, volendo, lascia spazio alle riflessioni filosofiche (“Il perdono non esiste, esiste solo l’oblio”, ma forse è un po’ troppo ambizioso per un piccolo film come questo...), e tutto si autodistrugge nella ridondanza delle immagini, nell’insistenza festaiola, nelle gocce di mistero che svaniscono in essenze di profumo evaporate qua e là con troppo poca concretezza, mal miscelate con quel contesto “naturistico” di serpenti, galline e conigli che avrebbe potuto essere meglio messo in risalto, magari utilizzando meglio l’esotica “crew” della servitù indigena presente sul posto che, ammiccando, promette all’inizio scintille, ma si risolve poi nel nulla di fatto.
La buona volontà del cast (il povero Channing Tatum è chiamato ad una paio di scene madri in cui ci mette davvero tutto il cuore, mentre tra il cast femminile la prova di Adria Arjona sicuramente oscura la protagonista Naomi Ackie, e il cameo di Geena “ Vageena” Davis fa il resto).
Non sa darsi un filone questo “Blink Twice”. E se la cosa in sé è una buona cosa per tanti film, in questo caso contribuisce a renderlo un po’ anonimo e insignificante. Non merita una deplorazione piena per via dei meriti suddetti, ma nemmeno raggiunge la sufficienza.
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