Regia di J.C. Chandor vedi scheda film
Prodotto da Sony Pictures e distribuito da Eagle Pictures, sesto e (probabilmente?) “ultimo” film (almeno secondo quanto riferito da The Wrap con la Sony intenzionata, sembra, a occuparsi maggiormente di Spiderman invece che dei suoi nemici) del Sony Spider-Man Universe (SSU), ovvero la “fallimentare” fabbrica di spin-off sui villain dall’universo dell’Uomo Ragno ma comunque parallela rispetto all'MCU e, per assurdo, autonoma anche allo stesso Spidey, Kraven - Il cacciatore è un brutto film ma questa non è certo una sorpresa per nessuno.
Non lo è dopo altri film mediocri (tre Venom, Morbius, Madame Web) messi in cantiere dalla Sony per evitare che i diritti che mantiene sui personaggi legati a Spiderman tornassero in mano alla Disney/Marvel Studios come non stupisce la mercenarietà dell’operazione ma piuttosto di quanto il film abbia, nonostante tutto, elementi a disposizione per produrre una pellicola almeno godibile o dignitosa e invece si astenga o si rifiuti dal farlo.
Essenzialmente un cinecomic ancorato al passato e ai tempi dei blockbuster anni Novanta (come del resto tutti gli altri film del SSU), Kraven il Cacciatore è un cinema che punta alla spettacolarità e all'adrenalina evitandone accuratamente le sottigliezze e sfoderando, al contrario, una struttura grossolana e intonata a uno spirito dichiaratamente sopra le righe, godibile fino a un certo punto ma incapace di andare oltre o di rappresentare un valore aggiunto per un universo condiviso ormai prossimo a chiudere i battenti ma nel quale, visti gli standard bassissimi dei suoi predecessori, non sfigura affatto.
È un film sostanzialmente scritto male, quello in cui i personaggi dichiarano ad alta voce le proprie intenzioni ma anche il proprio carattere e i propri problemi, in modo da definire se stessi direttamente al pubblico, ma che nonostante questo non è mai ben chiaro esattamente cosa vogliono o che cosa li guidi e nel quale qualsiasi cambiamento, di carattere o di facciata, è semplicemente accettato senza troppi problemi. O troppe spiegazioni.
Lo si capisce dal minutaggio eccessivo dedicato al passato dei protagonisti, un flashback lunghissimo sull’infanzia, il rapporto difficile con il padre e quello sentimentale con il fratello onde ricostruire la genesi di un antieroe solitario e violento ma protettore dei più deboli e della natura.
Ma il Kraven creato da Stan Lee & Steve Ditko nel 1964 è al contrario un personaggio scespiriano, drammatico, caratterizzato da un’etica da Russia zarista (molto) vecchio stampo e con un profondo senso dell’onore, un villain (ricalcato sul Conte Zaroff de La pericolosa partita) che ha fatto della caccia la sua unica ragione di vita e che ha trovato come sua preda naturale, e unico antagonistica alla sua altezza, l’amichevole Uomo Ragno di quartiere.
I tre (!) sceneggiatori del film, Richard Wenk, Art Marcum & Matt Holloway, ribaltano con esagerata semplicità questo personaggio trasformandolo in un “letale protettore” dei deboli, molto (troppo?) alla Venom, nemico istintivo (e primordiale) di un “sistema” generalmente corrotto ossessionato dalla correttezza (politica?) e da una cieca giustizia dell'occhio per occhio.
A questo cinecomic ricolmo di valori così terra-terra (essere in conflitto con il padre, proteggere il fratello più debole, battersi contro le persone di potere) manca però un protagonista con una vera conflittualità interiore e che non sia ispirato soltanto dalla vendetta.
Un cinecomic che si lascia guardare senza troppo interesse, seppur effettivamente superiore alle precedenti produzioni Sony anche (esclusivamente?) per una cornice, almeno superficialmente, più violenta e matura e con un protagonista, Aaron Taylor-Johnson, che si presta benissimo al personaggio, soprattutto fisicamente.
Ormai supereroe ad honorem dopo il protagonista di Kick-Ass e il ruolo di Quicksilver in Avengers – Age of Ultron, Taylor-Johnson si muove con disinvoltura tra le numerose sbavature del film, in primis sceneggiatura e montaggio, ma ne rende abbastanza been la natura selvaggio e i combattimenti selvaggi.
Al suo fianco si muovono interpreti dal grande potenziale in personaggi dell’universo Marvel appena abbozzati, privi di una scrittura solida e che si evolvono più per esigenza di trama che per uno sviluppo coerente, a partire da Russell Crowe che riesce a dissimulare un approccio troppo caricaturale del suo personaggio, fino a Fred Hechinger, recentemente visto ne Il Gladiatore 2, che almeno si cala nelle frustrazioni del futuro camaleonte con la giusta ironia mentre Alessandro Nivola tenta di salvare il suo sgraziato personaggio abbracciandone l’indole eccessivamente sopra le righe.
Ariana DeBose, attrice premio Oscar, cerca invece di dare contegno a un personaggio inserito malamente e di cui non si capisce il senso o l’effettiva utilità mentre Christopher Abbott, futuro Wolf Man al posto di Ryan Gosling per la Blumhouse, incarna un villain potenzialmente interessantissimo ma che risulta totalmente sprecato.
bubù-settete
Nonostante gli effetti speciali non siano sempre all’altezza, con gli animali rigorosamente in (pessima) CGI e alcune metamorfosi affatto soddisfacenti, Kraven – Il cacciotore riesce comunque a salvare il salvabile (!) ma non riesce affatto ad incidere come avrebbe potuto (e dovuto) ma considerata la deriva di questo pasticciato Sony Spider-Man Universe poteva anche finire molto peggio.
Cara Sony, la finiamo quì?
VOTO: 5,5
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