Regia di George Miller vedi scheda film
What a lovely life, huh? Battere Mad Max: Fury Road era difficile, per non dire impossibile – stante che quello rappresenta, verosimilmente, l’apoteosi della saga – ma sorge spontaneo il dubbio nel corso della visione: c’era davvero bisogno di un prequel? Chi scrive propende per un nì: essendo che il film non è orripilante, ci può stare, tuttavia la storia era per gran parte già chiara dal precedente film. Inoltre l’opera nella seconda metà arranca e s’ingolfa, a tratti, per giungere ad un finale senza infamia e senza lode.
Poteva risultare molto più intrigante, invece, un seguito, ma più gli anni passano e più la sua realizzazione si fa sempre più improbabile (e, tra l’altro, pare evidente come né Miller né il co-sceneggiatore abbiano esattamente idee per un eventuale prosieguo, considerato che pure il paventato Mad Max: The Wasteland dovrebbe costituire un ulteriore prequel).
Ma al di là di queste notazioni di contorno, è difficile non vedere come Furiosa abbia qualche problemino. Quello principale è che si tratta di una pellicola non solo meno stringata quanto soprattutto meno compatta di Fury Road: alcune sequenze (ad esempio quella della gigantesca sparatoria a Bullet Farm) si protraggono in modo eccessivo, ben oltre il punto; mentre altri passaggi vengono risolti in gran velocità (vedasi la vitaccia fatta dalla protagonista per anni ed anni in incognito, il che è poi curioso in un film che vorrebbe anche fare del famigerato “world-building”).
In certi frangenti il montaggio diviene un poco confusionario (SPOILER: si crea, nella scena dell’attacco finale, una situazione di estrema urgenza quando sembra che le “orde” stiano per invadere la Cittadella e poi però mezzo attimo dopo lei ha tutto il tempo di guarire e di fabbricarsi il braccio meccanico, mentre la guerra resta sullo sfondo senza mai neppure sfiorare la Cittadella stessa FINE SPOILER).
I dialoghi troppo declamatori non sempre funzionano e a momenti rischiano il ridicolo involontario (per dirne un paio: il “She was magnificent” ripetuto due-tre volte; il “Give them back!”).
Gli attori non sono tutti convincenti (Taylor-Joy, onestamente, par troppo minuta e inoffensiva, con quegli occhioni quasi da bambina, e non riesce nel finale a far credere che si trasformerà nella più matura e vissuta guerriera interpretata dalla Theron [rispetto alla quale sembra anche più impassibile a livello di mimica e fatica davvero a trasmettere tutto ciò che molti le attribuiscono, dall’odio all’amore alla risolutezza, soltanto con lo sguardo, spesso distaccato: anzi, è molto più credibile a questo proposito l’interprete bambina, Alyla Browne]; mentre Hemsworth si sbraccia e si sgola ma si conferma un tantino monocorde come attore e difatti nei primi piani lo si vede sostanzialmente sempre con la stessa espressione).
La colonna sonora si rivela sorprendentemente molto più anonima che in precedenza (nonostante sia stata affidata al medesimo autore). Infine, l’utilizzo spasmodico della CGI e di certi modi di ripresa avvicina talora pericolosamente – come mai avveniva in Fury Road – il film all’estetica ripetitiva dei videogiochi sparatutto e di corse.
Non tiene col fiato sospeso, Furiosa, e presenta anche dei lampanti buchi narrativi (SPOILER: come diavolo faccia, la protagonista, a fuggire essendo circondata da decine di motociclisti che le girano attorno rimane un mistero bellamente ignorato dalla sceneggiatura; per non parlare di come faccia a passare inosservata pur essendo attorniata da personaggi di ben diversa fisionomia, rosi da piaghe letali [come il Nux di Fury Road], malaticci, pallidi come cenci [non dei “pieni vita”, insomma, nel linguaggio della saga]; e quando si scopre che è una donna, perché nessuno se ne interessa pur essendo lei affiancata, nelle sue mansioni, da soli uomini e potendo apparire una potenziale nuova schiava riproduttrice per Immortan Joe? FINE SPOILER).
In sintesi, Furiosa è un film diverso – e la cosa poteva pure funzionare – epperò il risultato finale invece è francamente troppo lungo e spesso, di nuovo, privo di pathos.
E Fury Road – per quanto strano possa apparire – si può sostenere sia più “sottile”: ovvero, senza esagerarne la portata, si possono lì rintracciare diverse tematiche pur nella scarsità dei dialoghi, nelle pieghe del sottinteso; mentre in questo film quasi tutto è sottolineato a parole anche dove non ve sia grande necessità, da parte dei personaggi o dalla voce narrante appartenente al “custode della Storia”.
Tra l’altro, se il film voleva essere più riflessivo e in special modo più approfondito, nel suo concentrarsi sulle origini non solo di Furiosa ma pure delle Terre Desolate, ebbene in parte fallisce. In modo bizzarro, in quanto sì, è vero, si vedono più da vicino luoghi come Bullet Farm e Gas Town, ma sono già lì, la grande catastrofe è già avvenuta, non si capisce bene come facciano ad esserci tutte quelle scorte di petrolio, ma anche di acqua e cibo, per una moltitudine affatto esigua di personaggi.
Si potevano sviluppare questi ed altri elementi, magari ne sarebbe uscito finalmente un quadro più coerente e comprensivo del mondo distopico. E allora, piuttosto, meglio il film precedente che glissa convenientemente su tutto ciò sopratutto perché si svolge nell’arco di pochissimi giorni e non ha particolari pretese di “world-building”.
In ogni caso, Furiosa costruisce abilmente un paio di sequenze d’azione dal sicuro impatto (vedi l’assalto all’autocisterna), riesce a trattare, più o meno sistematicamente, di alcune tematiche di attualità fin inquietante (dall’insopprimibile sete di dominio all’ambientalismo e al rischio olocausto nucleare passando per l’altrettanto indomita tendenza umana allo scontro) ed evita di scivolare nella assoluta pretestuosità e nel fan service di bassa lega senza nessuna qualità di tanti “analoghi” (per budget) kolossal à la Fast & Furious.
Ecco, ma piano a gridare al miracolo. Non si esce dalla sala con la stessa scarica d’adrenalina e la stessa consapevolezza di aver assistito ad un filmone più unico che raro come con Fury Road. Manca una simile spinta, la trazione fino all’ultimo minuto, quella sensazione di poter quasi annusare il lezzo dei gas di scarico e della morte, di percepire il calore bruciante del deserto e l’ansia dei braccati senza pietà.
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