Regia di George Miller vedi scheda film
Presentato fuori concorso a Cannes, Furiosa: A Mad Max Saga è, come si evince dal titolo, il racconto delle origini del personaggio già incontrato in Mad Max - Fury Road, di cui è un prequel, originariamente interpretato (magistralmente) da Charlize Theron.
Ci troviamo quindi davanti a un coming-of-age raccontato, come già gli altri film della saga, attraverso il linguaggio del mito e suddiviso in diversi capitoli, ciascuno con una sua specifica valenza narrativa, che seguono la crescita (l’iniziazione?) della protagonista e del suo furente desiderio di vendetta.
Ma diciamecelo subito: Furiosa non è Fury Road.
Non lo è perché Fury Road è stato un “unicum” figlio della necessità e del bisogno dettato da una serie di improbabili circostanze, imprevedibili quanto impronosticabili, che ne hanno dettato, quasi involontariamente, il sorprendente risultato finale ma anche (soprattutto?) perché George Miller non è solito fossilizzarsi sulle medesime soluzioni, per quanto di successo, preferendo sperimentare continuamente con le formule e i linguaggi del cinema, come è ben evidenziato dalla stessa saga di Mad Max ( i primi capitoli della trilogia originale sono nell’ordine un violento/visionario road movie, un incubo post-apocalittico e una favola d’avventura quasi disneyana).
E se Fury Road è un mistico vaneggiamento tra terrorismo contemporaneo ed estetica neo-ariana, Furiosa è invece l’origin-story di una (super)eroina (o antieroina?) che acquisisce spesso i toni morfologici della fiaba, adattandone sia i dispositivi narrativi che gli espedienti più comuni della tradizione popolare.
Sceneggiato dallo stesso Miller insieme a Nico Lathouris, Furiosa racconta le origini del personaggio e, per fare questo, si prende i suoi tempi facendosi quindi più canonico, i tempi si dilatano e il ritmo diventa più altalenante ma ogni soluzione è comunque funzionale nel ricostruire quella che di fatto è un’epopea (Miller la definisce un’odissea omerica), l’archetipo di una grande narrativa popolare nel quale si uniscono favola e mito.
Quella del mito è una modalità espressiva che George Miller sceglie fin dal secondo capitolo (Interceptor - Il guerriero della strada, 1981) quando propone un eroe simile a quello del film precedente ma anche profondamente diverso, il Max di Mel Gibson non è infatti più Max Rockatansky (e infatti non sentiremo mai più pronunciare quel nome) ma diventa l’eroe le cui gesta verranno raccontate dai cantastorie (dal secondo capitolo in poi ogni episodio ne ha uno) diventando il protagonista di racconti della tradizione orale che, in quanto tale, non sono sempre affidabili o esplicitamente corretti e/o coerenti tra loro (esplicativo in tal senso proprio l’Interceptor V8 di Max, spesso distrutta durante le pellicole ma poi presente, quasi intonsa, in quelle successive).
Ogni episodio, in tal senso, rappresenta quindi una versione differente dello stesso mito perché, in quanto leggenda, ogni interpretazione è comunque “vera” per quanto in contrasto con le altre.
Archetipo dell’antieroe del western crepuscolare in una realtà post-apocalittica, non si può certo dire che la psicologia di Max, proprio in quanto archetipo, venga esplorata a fondo e lo stesso avviene anche con Furiosa, impegnati più in un percorso di consapevolezza che la pone in netto contrasto con l’antagonista principale, Dementus, chiara personificazione del potere patriarcale costituito sull’abuso, la prevaricazione e lo sfruttamento degli altri ma anche personale specchio di quello che la protagonista potrebbe diventare se perdesse anche la speranza.
Perché Dementus, uomo distrutto dalla perdita della famiglia, in fondo non è altro che una versione deviata e inumana di Furiosa, certo, ma anche e soprattutto dello stesso Max, in quanto tutte rappresentazioni dello stesso archetipo, seppur declinato in modi differenti (anche lo stesso Pretorian Jack del film non ne è che un’ulteriore versione).
E se il doloro ha portato Max ad abbandonarsi a sé stesso e a isolarsi dagli altri per non dover tornare a soffrire, anche (forse) in una sorta di auto punizione per non essere riuscito a salvare la sua famiglia, Dementus diventa al contrario un affabulatore e accentratore di potere, anche circondandosi di cose, oggetti e persone, per riuscire a riempire quel vuoto mentre Furiosa, invece, respinge e rigetta (rivoglio indietro la mia vita!) quel senso di perdita continuando a coltivare la speranza di poter tornare, un giorno, finalmente a casa (o, meglio, di riportare tutto a com’era prima).
Rispetto al film precedente Furiosa è un film molto più lineare, opta per uno sviluppo più prevedibile rinunciando, in parte, alla deriva visionaria che aveva reso Fury Road così epocale pur conservandone certe inclinazioni visive come anche la ricchezza estetica delle scenografie, sempre per opera di Colin Gibson, oltre agli splendidi costumi realizzati da Jenny Beavan.
Miller rinuncia anche all’aspetto artefatto della messa in scena con un uso molto più massiccio della CGI (e si vede), nel 2015 con Fury Road ridusse il più possibile gli effetti speciali computerizzati, cosa che contribuì non poco al successo della pellicola.
Con Furiosa il regista sembra cedere invece il passo a un modo di raccontare più convenzionale, soggetto a regole standardizzate e tradendo quindi quello spirito artigianale presente nel film precedente.
Anche la fotografia, ancora più satura di Simon Duggan, sembra rispondere alla precisa volontà di una narrazione che ha ben poco di naturalistico.
La colonna sonora è invece ancora firmata da Junkie XL (al secolo Tom Holkenborg) e con il sound design di Robert Mackenzie & Ben Osmo creano un comparto sonoro fragoroso e incalzante.
Interpretato da Anya Taylor-Joy, che prende il posto di Charlize Theron, e da Chris Hemsworth, che dà corpo (letteralmente) all’ambizioso ma inetto Dementus, una versione farsesca e post apocalittica del personaggio che gli ha dato la fama, nel cast figurano anche Tom Burke, Nathan Jones, Lachy Hulme, Josh Helman, Alyla Browne, Angus Sampson, Charlee Fraser e Quaden Bayles.
Con Furiosa il regista australiano sembra voler realizzare un film concettualmente opposto a Fury Road, dilungando il tempo e lo spazio per aumentarne il respiro epico ma sacrificando in questo modo il ritmo della pellicola, spesso ondivago e altalenante, anche in relazione alla lunga durata, non racconta nulla di nuovo e che non sia già stato detto nella saga di Mad Max ma pone la sua riflessione su un nuovo e diverso punto di vista.
VOTO: 7
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta