Regia di Neil LaBute vedi scheda film
La vita è sogno scriveva Shakespeare secoli fa, oggi tale affermazione potrebbe mutare in la vita è televisione, o meglio una soap. È quanto emerge dal film di Neil LaBute che tradisce la sua fama di osservatore cinico e misogino della società americana. Infatti “Betty Love” emana una tenerezza infinita attraverso le gesta di Betty Sizemore, cameriera sognatrice e sensibile di Fair Oaks nel Kansas, fedele fan della soap ospedaliera “A Reason To Love” e sposata ad un marito ignorante e fedifrago che nonostante tutto ama. Il giorno del suo compleanno, mentre guarda la sua soap, assiste all’omicidio del marito da parte di due killer. La scena è devastante e nella mente di Betty la sottile linea che demarca realtà e fantasia ha uno smottamento, così la donna comincia a scambiare il mondo catodico per la vita reale. Betty si allontana dal Kansas e approda a Los Angeles sul set della soap, alla ricerca del dottor Ravell che crede un suo ex fidanzato, inseguita dai killer e dalla polizia. Si tratta di un film camaleontico e profondamente cinefilo che ricorda i Coen e fa l’occhiolino a Tarantino, in cui la Zellweger, sempre più la Doris Day dei nostri giorni, regala un’altra prova di grande maturità. Il suo è un personaggio complesso, un po’ Dorothy del “Mago di Oz”, un po’ Holly Golightly (“Colazione da Tiffany”) e Chance (“Oltre il giardino”), che rischia spesso di diventare ridicolo e inadeguato, ma la tenerezza della sua interpretazione lo rende credibile come Truman Burbank, anch’egli attore, suo malgrado, di una vita da piccolo schermo.
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