Regia di Alfonso Cuarón vedi scheda film
Quello verso la Bocca del Cielo, una spiaggia isolata e bellissima, non frequentata dai “fighetti saccopelisti” (parole di uno dei protagonisti) che dicono di conoscere il Messico solo perché fanno il bagno a Puerto Escondido, è l’ultimo viaggio, prima della stagione adulta, di Julio (il Gael García Bernal dell’ottimo “Amores Perros”) e Tenoch. Classi sociali differenti, in piena tempesta “ormonale” scomposta, abituati a sfidarsi in gare di nuoto, a masturbarsi all’unisono sui trampolini di una piscina, i due ragazzi affrontano, con incosciente allegria e un discreto tasso alcolico, corretto con erbe e pasticche, l’attesa del ritorno delle loro fidanzatine da una vacanza in Italia. Coinvolgono nel loro viaggio, con un itinerario confuso e improvvisato, Luisa (la spagnola Maribel Verdù, uno splendido corpo d’amore, di fatto, e per necessità di copione), immalinconita dall’ennesimo tradimento del marito e con un referto medico di cui il film non svela i dettagli, ma che lascia pochi dubbi. Il caldo, gli spinelli, le lunghe ore in automobile favoriscono confidenze sempre più intime e rivelazioni spudorate. Al di là dei finestrini scorre un paesaggio affascinante, la polizia continua a fare controlli e un uso intelligente della voce fuori campo non cuce i pezzi, non raccorda la storia: chiosa l’identità dei vari personaggi e ne anticipa il “futuro”. Per il suo “ritorno” in Messico, Alfonso Cuarón gira una buona commedia “on the road”, con retrogusto amarissimo. Perfette l’alchimia e l’intesa tra i tre protagonisti, rilassato e non compiaciuto, l’ilare intrattenimento sui discorsi e sulle scene di sesso.
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