Regia di Alfonso Cuarón vedi scheda film
La scuola è finita e l'estate è finalmente iniziata. Julio (Gael García Bernal) si regala l'ultimo veloce amplesso con la propria ragazza. È una voglia da togliersi prima di trascorrere un'indemoniata estate di eccessi con l'amico Tenoch (Diego Luna). Le fidanzate vengono accompagnate all'aeroporto e spedite, finalmente, in Europa per un lungo soggiorno studio. Ciao ciao. Liberi dalla zavorra delle costrizioni inizia la festa: l'uso improprio della piscina del circolo, le canne, le sbronze e magari una vacanza da passare tra le onde e la sabbia del mare. Ma su tutto, il chiodo fisso di scopare in libertà, senza l'assillo di una fedeltà da garantire a qualcuno. Sesso senza complicazioni. Possibilmente molto. Tra tanti progetti c'è, però, un evento palloso a cui partecipare: il matrimonio del fratello di Tenoch. Una bella sbornia è quel piacevole diversivo che permette di dissimulare la noia acuita dalla cerimoniosa presenza dei più influenti uomini politici del Paese a cui i facoltosi genitori del festeggiato leccano il culo. Ma quel che non ammazza ingrassa, si dice. Tra una stretta di mano a vecchi tediosi parenti e frasi di circostanza Tenoch e Julio, già alticci, conoscono Luisa (Maribel Verdú), la sensuale moglie spagnola di un cugino pieno di arie. Gli ormoni impazziti dei due giovani iniziano ad oscillare furiosamente intorno al nucleo femminile producendo una corte fastidiosa e inappropriata come può essere quella di due giovani maschi in calore. Luisa è più scaltra di loro e riesce a spegnere la corrente elettrica prodotta dai due cervelli surriscaldati mandando in fumo l'assurda proposta di un viaggio in macchina tra due mocciosi ed una donna sposata. Una proposta che sta né in cielo né in terra. Affranti ma non troppo, perché la giovinezza non lascia troppo spazio alle recriminazioni, i due tornano ai propri ludici passatempi. Luisa, invece, che deve passare molto tempo a Città del Messico col marito, riceve una notizia che le fa riconsiderare la proposta degli imberbi ragazzini. Così, a bordo di una macchina/alcova, i tre protagonisti lasciano la capitale per addentrarsi nella provincia rurale e raggiungere l'oceano tra sogni, speranze e disillusioni. Un viaggio che 17 anni dopo Alfonso Cuaron compie, nuovamente, con "Roma" vincitore del Leone d'Oro alla 75ma Mostra.
Ad accomunare i due film non è solo il genere cinematografico prescelto ma la presenza di figure femminili coraggiose e tenaci. Luisa è l'oggetto del desiderio ed il pomo della discordia ma non è mai il soggetto passivo della vicenda. È lei ad imporre le regole, ad incanalare le discussioni. Luisa decide se concedersi, a chi e quando. È sempre lei a tirare i fili delle due inesperte marionette fino al punto di influenzarne la sfera fisica ed emotiva. Luisa ha desiderio di vivere. Julio e Tenoch hanno desiderio di passare il tempo. È questa differenza a sconvolgere la vita di tutti tra sfuriate infantili, momenti intimi ridicoli ed ironici e fughe da se stessi. "Y tu mamá también" è racconto di formazione, è ricerca del senso della vita, è sublimazione del desiderio sessuale, è la trasformazione del desiderio carnale in esperienza spirituale. Il viaggio è occasione di ripensamento e segna il passaggio dalla superficialità alla vita adulta, come in "Roma" rappresenta il raggiungimento di una consapevolezza superiore del proprio ruolo famigliare e sociale. E mentre l'impeto tumultuoso delle onde suggella il cambiamento, nel suggestivo simbolo dell'acqua levigatrice e rigeneratrice che spinge le donne di "Roma" a risorgere dalle proprie ceneri, lo stesso irascibile oceano porta in dono a Luisa quella serenità che una famiglia di poveri pescatori rappresenta. Ai maschi immaturi e inaffidabili di Cuaron è dedicata la sequenza più emozionante, allo stesso tempo carnale e mistica, in cui i due amici giungono, sapientemente guidati dalla compagna, tra corpi nudi ed ebbri di alcool e desiderio, alla manifestazione di un'intimità libera ed inconfessabile. Una scena questa che prelude al finale in cui il regista messicano fissa la mdp sui tavoli di un locale in un campo lungo che fa scivolare lo sguardo dai giovani Julio e Tenoch al movimento continuo sulla strada dietro la grande vetrata. Il mondo corre senza sosta, il tempo passa velocemente ma, destinato a restare, oltre la compostezza dei corpi ed il distacco dei volti, è il ricordo lancinante del desiderio e la malinconia della passione. Un conto amaro da pagare, come Julio suggerisce alzando la mano, per le proprie scelte pavide o coraggiose, giuste o sbagliate che siano. Forse all'epoca Alfonso Cuaron non maneggiava la tecnica come dimostra l'affascinante perfezione di "Roma" ma, a mio avviso, la freschezza di "Y tu mamá también" scritto a quattro mani col fratello Carlos, e premiato sempre a Venezia per la sceneggiatura, rimane impareggiabile nonostante il lungo ponte di 17 scalini che lo unisce e lo separa dal suo successivo splendido film in lingua spagnola.
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