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La promessa

Regia di Sean Penn vedi scheda film

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La recensione su La promessa

di leporello
4 stelle

   Non ho ben capito perché questo film abbia voluto esordire con la stessa scena finale. Non che al cinema non si faccia, ma di solito c’è un “sistema narrativo” che sostiene (e poi giustificherà) tale scelta; nel caso di “The Pledge”, non ne vedo traccia.

 

   Non è Sean Penn a firmare la sceneggiatura (e d’altra parte, come regista, lo ricordo positivamente solo nel film d’esordio “Lupo Solitario”), ma anche su questo versante esce un po’ d’acqua da più di una falla: l’indagine “fai-da-te” che si aggrappa a pochi fili d’erba fino a scalare una vertiginosa verità nascosta dietro le targhe d’auto memorizzate a fatica, i disegni dei bambini,  le cacchette di cioccolato dei porcospini lasciate come tracce di un serial killer (eventualmente) davvero stupido. Per non parlare della “crew” di ex colleghi che tenteranno di sostenere con un’azione para militare l’ultima iniziativa disperata  di Jerry/Nicholson, dopo che  gli avevano dato del fesso solo poche settimane prima liquidandolo come “vecchietto buono solo per la pesca”.  E lo stesso “disagio mentale” a cui va incontro il protagonista, emerge dalle acque troppo isolata, come un iceberg in mezzo al Mediterraneo,  parecchio fuori sincrono (e con poco, nebbioso sviluppo) con tutto il resto.


   La regia procede pigramente, senza guizzi e con poco polso; anzi, si rigira un po’ noiosamente su se stessa tra feste d’addio (pacche su pacche e “grazie-di-essere-venuto”, parate stra-americane del 4 Luglio fatte mille volte, retorici innamoramenti fuori tempo massimo e buonismi rivolti in abbondanza verso “i-nostri-bei –bambini-tutti-biondi”. L’americanità classica da botteghino perde poi l’ultimo velo col il sontuoso cast ampiamente sprecato e/o sovrastrutturato: per quanto siano stati tutti bravi, non si può chiedere a gente come Del Toro, Rourke, la Mirren o la Redgrave, di fare da comparse in un lavoro buono giusto per un esamino d’ammissione nella scuoletta tal dei tali; e soprattutto NON SI DEVE chiedere a Robin Wright Penn, manco se fosse tua moglie, di accettare di essere truccata così tanto un po’ bruttina.


   Insomma, un film che si aggrappa solo a quel gigante che è Jack Nicholson, e che forse proprio per questo (e proprio perché “giganti” sono i cattivi del film), non lo trovo per niente riuscito.

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