Regia di Jin-young Kim vedi scheda film
Il K-horror non riesce a staccarsi dal dramma, nell’esordio della regista Kim Ji-young. Per qualcuno può anche costituire un pregio, considerando che l’enfasi drammatica illude più facilmente di stare inquadrando più a fondo i propri personaggi. Ma nel caso di The Other Child il dramma è assolutamente controproducente.
Una famiglia (madre, padre, due figlie e un figlio tutti abbastanza piccoli) accoglie in casa un quarto figlio tramite adozione. Non vogliono intenderlo come sostitutivo di un quarto figlio biologico morto misteriosamente nel lago vicino casa, ma i segni sembrano alludere perennemente a questo piccolo giovane fantasma rancoroso. Il bigottismo cattolico regnante spinge subito tutti a credere si tratti di una presenza demoniaca, a partire dai figli - particolarmente ligi ai (e accecati dai) doveri del buon cristiano. Ma la motivazione sta altrove, e sta ovviamente nell’elaborazione di un lutto traumatico - come ciliegina di un già complicato rapporto con la disabilità infantile.
L’idea base del meccanismo horror è di spostare il fulcro dell’orrore dal nuovo bambino, al fantasma, fino ai tre figli violenti, che ovviamente vogliono il nuovo bambino via. Il conflitto con il proprio lutto si fa talmente strenuo che alla fine si trasforma in quello fra madre e figli (soprattutto figlia maggiore), rendendo il vero centro dell’orrore la mancanza di affetto in seno alla famiglia.
Ma il film è lungo, sbrodolante, non tiene alcun ritmo e non rivendica alcuna luce propria. L’alternanza di dramma e horror non funziona, sia nella loro combinazione che nelle due singole parti, da un lato allontanando da dei personaggi improbabili, dall’altro fallendo nel più becero meccanismo jump-scare. Un polpettone più che indigesto, che cerca di rendere dinamica e ambigua la ferinità femminea - specie nei termini della maternità e della sorellanza - ma fa un buco nell’acqua.
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