Regia di Michael Haneke vedi scheda film
Film difficile dal contenuto assai controverso, elogiato dai sostenitori del regista, ma ugualmente detestato dai suoi detrattori. E' un'opera che può trarre facilmente in inganno, tanto che alla prima visione al cinema non piacque neppure a me e trovai ridicole quasi tutte le sequenze più "spinte", che fecero sghignazzare molti spettatori presenti in sala. Il film di Haneke è un'ulteriore, inquietante esplorazione delle complessità e delle peculiarità del comportamento umano, svolta attraverso un caso-limite. La protagonista Erika Kohut, professoressa di pianoforte al Conservatorio, sessualmente repressa, che si diverte a tormentare i suoi allievi più fragili, non è "malata", non soffre di una scissione schizofrenica ma è, più semplicemente, un personaggio modellato su tinte torbide dalla penna della scrittrice Elfriede Jelinek (e sembra che vi sia molto di autobiografico nel personaggio stesso), un personaggio su cui non sono espressi giudizi di tipo morale e a cui non è riservata una possibilità di riscatto. Haneke non sembra interessato ad uno studio di tipo psicologico sul personaggio, quanto piuttosto ad un'analisi delle caratteristiche destabilizzanti della stessa Erika, con precisi riferimenti filosofico-letterari fra cui si impone con evidenza quello al marchese de Sade. Il film è girato con un distacco razionale ed entomologico che gli permette di non cadere mai nel gratuito, neppure nelle sequenze più esplicite come la celebre fellatio nel bagno di Erika allo studente Walter, innamorato di lei e poco propenso a seguirla nella sua deriva masochista. L'interpretazione di Isabelle Huppert è di un'intensità davvero prodigiosa, soprattutto nei magnifici primi piani che l'attrice regge con estrema naturalezza, mantenendo per tutto il film un controllo ferreo sul personaggio e rendendone con efficacia anche gli aspetti più sgradevoli. Al suo fianco, Benoit Magimel caratterizza con discreta bravura il frivolo Walter, e si rivede con piacere un'invecchiata Annie Girardot nel ruolo della madre di Erika. La scena finale resta, a mio parere, assai enigmatica ma non certo priva di suggestione, all'insegna di una teatralità esibita e crudele, senza trascurare un potenziale metaforico che emerge con prepotenza da una macchia di sangue sulla camicia di Erika.
voto 8/10
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