Regia di François Ozon vedi scheda film
Leopold e Franz: il primo affermato e affascinante uomo d’affari tedesco, il secondo giovane amante imbrigliato in una rete di perversa seduzione. Siccome la cultura borghese non ammette libertà nell’amore, il gioco sentimentale tra i due finisce per consumarsi nella violenza di una “gabbia”, quella delle regole e delle convenzioni sociali. Con Franz che subisce la proiezione idealistica di Leopold della “famiglia perfetta”: lui è la mogliettina casalinga che lo attende a casa, ai fornelli, e gli porta il giornale mentre si distende in poltrona. Siccome questa sovrastruttura sociale (e mentale) cova al proprio interno i germi della mostruosità, ecco che lo schema della coppia, già grottesca di suo, si espande seguendo le coordinate di un teorema impazzito. Leopold seduce l’ex fidanzatina di Franz, Anna, mentre in casa arriva anche Vera, un transessuale un tempo amante del severo uomo d’affari. François Ozon, entrato con “Sotto la sabbia” (realizzato però dopo “Gocce d’acqua”) nella galleria dei grandi, recupera un testo teatrale mai rappresentato di R. W. Fassbinder, “Tropfen auf heisse steine” (1964), e lo “riscrive” per lo schermo assecondando la sua gelida e straniata sensibilità. Pensando alla struttura del kammerspiel, “Gocce d’acqua” si sviluppa in un ambiente chiuso (l’appartamento) che rimanda alla simbolica prigione di una cultura impostata, priva di qualunque libertà e quindi di vita, amore e sesso. Il mélo fassbinderiano diventa meccanismo di svelamento di un mondo senz’anima, ed è sorprendente che un regista di appena trentaquattro anni riesca ad affrontare un testo di tale bellezza e complessità facendolo “suo” fin nel profondo, traducendolo secondo un’estetica di stampo televisivo che richiama la povertà morale di un contesto falso. Bernard Giraudeau (Leopold) è un attore dalla bravura imbarazzante.
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