Nei boschi attorno alla cittadina siciliana di Cefalù, due cacciatori vengono ritrovati morti ammazzati.
Si tratta di due personaggi di spicco del piccolo centro cittadino: il farmacista ed in medico del posto.
La pista delle indagini viene diretta subito in capo al farmacista, che da tempo riceveva lettere anonime con minacce di morte, legate soprattutto alla sua fama di donnaiolo impenitente, essendosi maritato con una donna ricca ma brutta, tramite un classico matrimonio di convenienza.
Pertanto l'uccisione del dottore viene considerata casuale e circoscritta alla situazione contingente.
Vengono poi arrestati il padre ed il fratello della bellissima domestica quindicenne del farmacista, ma questa sbrigativa soluzione non convince lo schivo ed asociale professore Paolo Laurana, insegnante a Palermo e poco legato alle vicende della sua città, nonché trattato con un certo distacco per via delle sue mai taciute simpatie per il partito Comunista.
Laurana non è convinto che gli arrestati siano i colpevoli, soprattutto per il fatto che, nelle lettere di giornale che compongono uno dei messaggi minatori anonimi, egli rinviene come provenienti dal giornale L'osservatorio romano, giornale certo improbabile che possa venir in mano a gente analfabeta come i parenti della domestica del farmacista.
Man mano che la sua indagine ostinata prosegue, il professore finirà per mettersi nei guai, sia per l'attrazione che prova nei confronti della bellissima vedova del medico ammazzato col farmacista, sia perché le sue indagini si stanno rivelando sempre più pericolose, addentrandosi l'uomo verso una verità che chiarisce, sempre più concretamente, come l'uccisione del farmacista non sia stato che il presupposto per motivare ed incastrare innocenti per l'eliminazione della figura veramente scomoda, ovvero quella del medico.
Nel finale tragico, la verità verrà letteralmente sepolta per sempre dentro una cava di pietra, assieme alle intuizione, poi divenute prove concrete, del nostro zelante ma imprudente detective improvvisato.
Il film, che segna il sodalizio del terzetto Elio Petri/Ugo Pirro e Gian Maria Volonté, è liberamente ispirato all'assai noto omonimo romanzo di Leonardo Sciascia.
Petri e lo sceneggiatore Pirro si concentrano sullo scontroso e risoluto protagonista, definendo mirabilmente "il sensuoso e ironico ritratto d'un intellettuale umanista e sessualmente incompetente", a cui Volonté contribuisce a dar corpo e volto, creando i presupposti per un personaggio cardine della sua variegata e versatile carriera d'attore.
Presentato al 20° Festival di Cannes nella sezione del Concorso, il film, che per l'occasione ottenne il Premio per la migliore sceneggiatura, è strutturato come un giallo focalizzato sui personaggi e la loro ambiguità o connivenza: circostanza che non toglie sugo all'intrigo, condito di un avvicendamento di situazioni in grado di rendere assai scorrevole la visione, quasi come un "adulto e maturo film di genere".
Importante il cast a supporto della vicenda, tra cui spicca la bellezza mediterranea di Irene Papas nel ruolo della vedova "per sbaglio"... ma non troppo, Gabriele Ferzetti nel ruolo dell'astuto cugino di lei, e poi ancora Luigi Pistilli, Mario Scaccia, Leopoldo Trieste e, impegnato in un cameo eccezionale, pure il grande Salvo Randone.
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