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Tre passi nel delirio

Regia di Roger Vadim, Louis Malle, Federico Fellini vedi scheda film

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La recensione su Tre passi nel delirio

di Furetto60
6 stelle

Liberamente ispirato ad alcuni racconti del grandissimo Edgar Allan Poe, poeta e scrittore geniale e girato da tre registi di indubbie qualità, interpretato da grandissimi attori è un lavoro, interessante ma che non realizza appieno il suo potenziale

Ispirato a tre racconti di Edgar Allan Poe. Poeta e scrittore di talento eccezionale, padre indiscusso e antesignano dell’horror moderno, del quale si parla, a mio parere, troppo poco, è un’opera collettiva nel senso che è firmata da tre registi, ognuno dei quali ha girato un episodio. Vadim racconta le vicissitudini di una lussuriosa e perversa castellana, Jane Fonda, contessa crudele e capricciosa, che trascorre il suo tempo tra orge sfrenate di sesso e di morte, la quale , si trastulla ad irridere il suo mansueto cugino, che vive nella tenuta accanto alla sua, un giorno incontrandolo per caso nel bosco, ne constata la sua natura pura, opposta alla sua, se ne invaghisce, quindi lo cerca disperatamente e quando lo trova lui la respinge umiliandola.  Per vendicare l’orgoglio ferito, la giovane, di certo non abituata a ricevere rifiuti, fa incendiare dai suoi scagnozzi, la fattoria in cui l'uomo vive, nel rogo lui resta ucciso. Da quel momento, la contessa, interrompe la sua vita dissoluta, vive tormentata da una forma di oscuro rimorso, cambia comportamento e atteggiamento, rifugge dai piaceri carnali e si chiude a riccio, non vuole vedere più nessuno e si affeziona a un misterioso destriero e con lui si butta scelleratamente nel fuoco. Malle, narra invece le avventure di un giovane ufficiale austriaco cinico e sadico, perseguitato dal suo sosia “coscienzioso”, che interviene ogni volta che egli è sul punto di compiere un atto riprovevole. Lo confessa concitatamente a un sacerdote. Fin da ragazzo in collegio, quando stava per espletare una cattiva azione, un "altro se stesso" gli sbarrava la strada, succede anche quando adulto e studente in medicina, sta per somministrare un’autopsia in vita, ad una sventurata donna e viene anche stavolta fermato, e infine si arruola nell’esercito, dopo aver sfidato al gioco un’avvenente signora, Brigitte Bardot, che dopo aver perso tutto è costretta a mettere come posta, la sua persona, William barando vince e sta per approfittare di lei, dopo averla frustata e umiliata ma "il suo alter ego “buono” si fa di nuovo vivo per smascherarlo e cosi William viene dapprima schiaffeggiato dalla donna e poi cacciato dal corpo con disonore, dunque, non sopportando più questa invadente e persistente presenza nella sua vita, lo tallona e infine dopo un duello lo uccide, pugnalandolo vigliaccamente, ma in pratica uccide se stesso, infatti finisce suicida buttandosi dal campanile. Fellini infine evoca un’atmosfera da incubo infernale, per l’arrivo a Roma di un attore anglofono, ingaggiato per recitare in uno spaghetti-western, dedicato alla figura di Gesù Cristo.La storia comincia con un monologo di Toby Dammit, alias Stamp,attore inglese dedito all’alcol e sul viale del tramonto, Toby afflitto da incubi paranoidi, in preda ad uno stato confusionale, dovuto all’alcol e alle droghe, l’attore è funestato da visioni di una bambina ambigua e inquietante che gioca con un pallone, cosi nauseato dall'ambiente e dalle persone che lo circondano, ossessionato da uno strano richiamo inconscio, fugge a bordo di una Ferrari, a velocità supersonica, si lancia in una forsennata corsa, per finire decapitato inseguendo la sua allucinazione. Con Metzengerstein Vadim gira un classico gotico, a servizio della femminilità esuberante della allora moglie del regista, che vestita con costumi succinti, mette in risalto le sue forme, La Fonda, sul piano fisico, stava attraversando il suo periodo migliore. Qualche spunto inquietante c’è, ma la miscela eros e thanatos stavolta non decolla ed è il meno convincente degli episodi. Meglio assolutamente Malle che con William Wilson inserisce il tema del doppio, già di per sé inquietante, in una cornice da brividi, Alain Delon è perfetto nella parte del bello e dannato e, nonostante il ritmo sia blando, non si può fare a meno di apprezzare questa intrigante rilettura del racconto di Poe. Toby Dammit a giudizio della critica è giudicato il migliore. Fellini da libero sfogo a tutta la sua fantasia visionaria e tira fuori un episodio congeniale al suo stile. In una Roma orwelliana, grotteschi personaggi si affannano intorno al protagonista, che viene catapultato in surreali situazioni, che fanno da sfondo al disintegrarsi della sua psiche di attore maledetto, che si avvia tragicamente alla sua fine. Il tema del film e soprattutto dell’opera di Poe è la pazzia, il delirio, che può essere scatenato dai più disparati motivi e che assume diverse forme, soprattutto una tendenza morbosa all’autodistruzione, si ricordi che l’autore morì giovanissimo, affetto da una terribile crisi di delirium tremens. Nel complesso il film raggiunge la sufficienza, ma da quei testi cosi intensi e vibranti e con registi di quel calibro, forse si poteva ricavare qualcosa di più incisivo.

 

 

 

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