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Dunston - Licenza di ridere

Regia di Ken Kwapis vedi scheda film

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La recensione su Dunston - Licenza di ridere

di ino
4 stelle

Film per famiglie ambientato in un albergo di lusso con un orangotango nei panni del guastafeste. Il film di Kwapis svolge il suo compitino e nulla più come prodotto di intrattenimento domestico. La storia non ha la benchè minima originalità e il ritmo non è particolarmente indiavolato. Semmai viene da chiedersi perchè il ricchissimo e sprecato cast? E come mai un film per bambini presenti inserti osè come quello della scena del massaggio che Dunston svolge su una facoltosa cliente dell'albergo risvegliandone i bollenti spiriti.

Su Graham Sack

Interpreta il figlio del direttore dell'albergo che scopre la presenza dell'orango e ne diventa amico per la pelle. Come spesso accade con bambini protagonisti di film come questi non ispira la minima simpatia scorazzando impunemente per tutto il film.

Su Jason Alexander

Insolito vederlo con parrucca; la sua performance è senza infamia e senza lode ma fa comunque meglio di Everett e della Dunaway.

Su Faye Dunaway

Confesso che la sua presenza è l'unico vero motivo che mi ha spinto a vedere un film come questo. La Dunaway interpreta l'arrogante e perfida proprietaria dell'albergo in cui si svolge la vicenda; avida e pignola fino all'estremo è unicamente attratta dal denaro e dal proprio prestigio personale. Il personaggio dell'ossessiva arpia senza cuore che terrorizza i dipendenti le calza a pennello e lei stretta negli abiti firmati e nelle acconciature alla Ivana Trump, sembra divertirsi un mondo nel fare l'altezzosa carogna. La vecchia Faye riveste il suo ormai classico ruolo di ricca e acida donna d'affari che odia i bambini e gli animali e con i suoi atteggiamenti affettati e snob si rende davvero antipatica. La sua Mrs. Dubreau non è neppure particolarmente scaltra se si pensa che riesce a scambiare un ladro per un importante giornalista gastronomico con le prevedibili conseguenze. Super-liftata e compiaciuta di sè, la vecchia Faye riproponene di fatto la maldestra strega del suo precedente "Supergirl" ma nonostante si affanni nel tentativo di risultare divertente riesce solo a riottenere lo stesso effetto stucchevole e a tratti grottesco. Da gran gigiona qual'è si prodiga in smorfie ogni qualvolta ne ha l'occasione e si abbandona a tutto il suo campionario di stereotipi da cattiva: ghigni, occhi sgranati, continui ammiccamenti delle labbra. Tutto puzza di già visto e alla fine si ha la sensazione che non riesca a controllare il suo narcisismo nemmeno questa volta. In questo tipo di pellicole occorrerebbe una buona dose di autoironia ma se l'obbiettivo è sempre quello di mettersi in mostra e magari manifestare la propria bravura nella commedia anche i tentavi di mostrare ironia suonano fasulli e infatti la Dunaway conferma di non essere tagliata per il registro brillante; la teatralità di grana grossa e la recitazione sopra le righe sono quelle di una mediocre commediante. Vederla finire ingloriosamente presa a torte in faccia da Jason Alexander e sbeffeggiata da un odioso marmocchio e da un orangotango sembra la naturale conclusione ma fa un po' tristezza. La povera Madame Dubreau alla fine viene umiliata e sconfitta su tutta la linea perchè il suo albergo è declassato da 5 a 1 stella; mentre lei finisce scaricata dal vecchio e facoltoso marito per una biondona di almeno trent'anni più giovane.

Su Rupert Everett

L'orango è un attore molto più espressivo di lui

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