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Pretty Princess

Regia di Garry Marshall, Scott Marshall vedi scheda film

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La recensione su Pretty Princess

di degoffro
4 stelle

Favoletta romantica di matrice tipicamente disneyana, nel senso peggiore del termine purtroppo. Garry Marshall rifà il suo film più celebre "Pretty woman" ad altezza di ragazzine sognanti (Hector Helizondo ripete l'identico ruolo, Heather Matarazzo fa la parte che aveva Laura San Giacomo, il sorriso smagliante di Anne Hathaway ricorda molto quello della giovanissima Julia Roberts - per il regista non a caso la Hathaway è una combinazione di Audrey Hepburn, Judy Garland e Julia Roberts appunto - senza dimenticare le sequenze letteralmente copiate da quel cult, dalla disastrosa prima cena ufficiale di Mia alla vacanza dai suoi impegni istituzionali che la regina si concede per un giorno per le strade di San Francisco con la sua nipotina, esattamente come faceva Edward/Richard Gere con Vivian/Julia Roberts) ma scade in un infantilismo e in un'ingenuità disarmanti, a tratti persino sconcertanti e preoccupanti, comunque stucchevoli. Passi per i luoghi comuni e le banalità (a iosa), inevitabilmente connaturate ad operazioni del genere, ma qui a lasciare di sasso è la messa in scena, del tutto sciatta, anonima, svogliata, approssimativa. Marshall non è un pivello ma in quest'occasione non fa nulla per rivitalizzare una storiella già di suo inconsistente, monotona, anonima e stupidotta. Gira con il pilota automatico, come nei peggiori e più idioti telefilm americani per teen ager, così che l'interesse dello spettatore svanisce al primo cambio di scena. Senza contare poi che i personaggi sono spesso insopportabili e caricaturali, certe sequenze sono davvero brutte non solo a vedersi, ma anche solo ad immaginarsi (tutta la pietosa parentesi sulla spiaggia con Mia dapprima sedotta dal belloccio di turno, opportunista ed arrogante, poi vittima degli scherzi di invidiose compagne di classe è da buttare, le ripetute sequenze a scuola con la protagonista del tutto impacciata, pasticciona e goffa, brava solo a collezionare figuracce indecorose costituiscono una patetica ed inutile reminescenza dei college movie degli anni ottanta da "Bella in rosa" in poi), la durata è insostenibile (115 minuti sono troppi ed interminabili anche per il più paziente e ben disposto degli spettatori), molti dialoghi pseudoromantici da pelle d'oca ("Perché io?" chiede Michael nel finale a Mia e la futura regina risponde: "Perché mi hai visto quando ero invisibile!"). La morale della favola è poi spiattellata in modo così maldestro e sfacciato da suonare ancora più ipocrita, zuccherosa e fasulla nella sua stereotipata ovvietà. E non basta a rianimare il tutto la presenza dell'amatissima Julie Andrews, di ritorno al cinema dopo una lunga assenza. La mitica Mary Poppins conserva una presenza regale, elegante, magnifica e lascia ancora il segno, ma purtroppo è alle prese con un copione inesistente, senza senso e sterile che non fa che rimasticare e riciclare per l'ennesima volta, malamente e senza fantasia, l'eterna favola di Cenerentola (già adeguatamente ed opportunamente sfruttata da Marshall che però, in questo caso, non si è reso conto di raschiare il fondo del barile). Da ricordare rimangono così solo due battute due. La prima è il commento del simpatico parrucchiere/estetista italoamericano Paolo, sconvolto di fronte alle sopracciglia di Mia: "Hai le sopracciglia di una figlia di Groucho Marx e Brooke Shields". L'altra è una citazione di Eleanor Roosvelt: "Nessuno può farti sentire inferiore senza il tuo consenso!". Mette in ogni caso parecchia tristezza questo squallido, progressivo e generalizzato appiattirsi degli standards cinematografici, soprattutto contenutistici, ai gusti del tutto omologati, vuoti e superficiali degli adolescenti di oggi. Non per fare il solito discorso di rimpianto e nostalgia del glorioso cinema del passato, ma la netta sensazione (per non dire la certezza) è che, per esempio, gli stessi film Disney degli anni cinquanta, sessanta e settanta non fossero così scemi, insulsi ed irritanti. E Julie Andrews lo sa bene. Qui siamo ad una mediocrità tutt'altro che aurea. Vero è che fino a quando film del genere avranno seguito, ogni considerazione di questo tipo rischia di passare inevitabilmente in secondo piano, perché la dura legge dello spettacolo dice che il pubblico ha comunque sempre ragione. Scritto da Gina Wendkos (sua la firma dello script di un altro recente successo tutto al femminile di casa Disney "Le ragazze del Coyote Ugly") dal racconto di Meg Cabot. La Hathaway rifarà praticamente il medesimo ruolo nel 2006 ne "Il diavolo veste Prada" a fianco di un altro mostro sacro di Hollywood: Meryl Streep. Cameo del regista Garry Marshall e di sua sorella Penny (a sua volta regista di film di successo come "Big" e "Ragazze vincenti", nonché coprotagonista della celebre sit com degli anni settanta "Laverne & Shirley") nella scena finale del ballo all'Ambasciata. Nella ricca colonna sonora pop anche pezzi dei Backstreet Boys, Hanson, Nelly Furtado, Pink e Mandy Moore che compare nel film nel ruolo di Lana. Con un seguito "Principe azzurro cercasi". Clamoroso successo negli States (108 milioni di dollari complessivi), meteora in Italia, dove però, al primo passaggio televisivo su Rai Uno, ha incollato alla Tv quasi 9 milioni di telespettatori. Girato nel Teatro 2 degli Studios Walt Disney a Burbank, California, lo stesso teatro in cui fu girato Mary Poppins (1964). Recentemente, al teatro, tra l'altro è stato dato proprio il nome di Julie Andrews. La relazione tra la regina Clarisse Renaldi e il suo assistente Joseph non era nella sceneggiatura. La scena del ballo e dello scambio d'affetto fu aggiunta dai due attori. Secondo Hector Helizondo infatti "una relazione dopo i 50 anni può essere sensuale e sexy, nonostante sia girata con i vestiti addosso." Il vestito viola che Mia indossa alla cena ufficiale è una copia di quello indossato dalla principessa Vittoria di Svezia al galà dei premi Nobel del 1997.
Voto: 4

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