Regia di Denis Rabaglia vedi scheda film
Un Paolo Villaggio che parla con accento napopugliese si accascia a terra colpito da un infarto. La nipotina, cieca, si piega sul nonno e la scena (forse) vorrebbe evocare ben altri lidi, ben altre emozioni (il Marlon Brando della fine del “Padrino 1”). Tra flashback stilizzati in ridicolo e contemporaneità che mettono i brividi, l’opera prima per il grande schermo dello svizzero Denis Rabaglia azzarda e mischia due temi che al cinema fanno sempre paura: gli anziani e i bambini. Il vecchio “rapisce” la piccola Francesca per portarla a Ginevra nella speranza di trovare i soldi che servono per ridarle la vista. L’on the road si consuma in treno, in taxi, tra ricordi e figli non riconosciuti che riaffiorano, ex amanti che si ripresentano e chili di melassa che seppelliscono personaggi, storie, persino il mitico “Azzurro” di Conte, cantato da tutti tranne che da Celentano. Un film troppo azzurro, però, come il pomeriggio della canzone, in cui l’ex Fantozzi rimane in bilico tra due delle sue interpretazioni peggiori, “Io speriamo che me la cavo” e “Il segreto del bosco vecchio”. Destinato chiaramente alla Tv, come certi lavori recenti con Banfi, per pubblico senile, di bocca buonissima, senza pretesa alcuna.
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