Regia di Taika Waititi vedi scheda film
Premessa: dopo visto questo film, anzi, mentre vedevo questo film, ho preso la decisione di andare a vivere alle Isole Samoe Americane.
La storia di questo film è tratta da un fatto realmente accaduto che fu raccontato nel documentario omonimo del 2014, e che il regista neozelandese Taika Waititi ha trasformato in una godibile commedia.
La nazionale di calcio delle isole Samoe Americane, nelle qualificazioni per i mondiali del 2001, viene battuta dall’Australia per 31 a 0, rendendola la squadra di calcio peggiore del mondo. Per risollevare le sorti, nel 2014, viene chiamato, come commissario tecnico l’allenatore dell'under 20 statunitense Thomas Rongen, esonerato dopo la mancata qualificazione al mondiale della sua categoria in Colombia nel 2011.
Rongen prende il nuovo incarico quasi come una sorta di punizione da parte della confederazione, e non comprende lo spirito samoese (passatemi il termine non corretto) che si aspetta dall’arrivo del nuovo allenatore non certo vittorie e riconoscimenti, ma almeno la soddisfazione di poter segnare un goal in una partita.
La squadra è ovviamente alquanto scalcagnata: giocatori fuori forma, fuori età, fuori allenamento, addirittura un giocatore trangender che inizialmente Thomas prenderà per la massaggiatrice. La commedia fa leva proprio sulle contrapposizioni tra i pregiudizi di Rongen che prende il suo lavoro come una continua sfida con sé stesso piuttosto che con un ipotetico avversario: lui che una volta era stato un giocatore di ottimo livello, si ritrova ad allenare la squadra peggiore del mondo che pare non saper nemmeno le più elementari nozioni di calcio e disciplina. I giocatori della squadra, dall’altro canto, male accolgono i metodi bruschi di questo “bianco” straniero, e non riescono a trovare la motivazione necessaria a migliorare il loro gioco.
A fare da collante a questi 2 fronti è Jaiyah, la giocatrice transgender, che dopo una prima incomprensione sul proprio ruolo nella squadra, riesce a far capire a Rongen lo spirito dei suoi compagni e della sua terra.
La rivincita dei perdenti è un tema che funziona sempre al cinema, e questo della squadra delle Samoa Americane non fa eccezione, tutto quello che riguarda gli allenamenti è divertente ed emozionante, la commedia stenta a decollare quando si concentra più sulle emozioni dei protagonisti, rischiando in più punti pistolotti o lungaggini poco necessarie.
Taika Waititi si ritaglia un ruolo di narratore, nelle vesti di un prete, un ruolo che era serenamente evitabile, ma possiamo sopportare questo suo peccato di visibilità, visto che il film è retto dalla prima all’ultima scena da un bravissimo (e sempre più magro) Michael Fassbender, e anche da un ottimo cast di contorno. Se infatti Fassbender è il perno, attorno a lui ruota tutto un insieme di caratteristi veramente dotati, che rendono il film corale e per niente noioso.
A parte la storia legata alla squadra di calcio, che rimane divertente e curiosa, la cosa che mi ha affascinato molto è stata la vicenda legata alla giocatrice (oggi è diventata definitivamente donna) Jaiyah. Il suo essere transgender non comportava nessun tipo di emarginazione nella squadra, e tanto meno sull’isola. Le persone come lei hanno un’alta considerazione nella cultura indigena delle isole, definendole come dei fiori che rendono la terra migliore. Questa lezione di emancipazione e di integrazione mi ha molto colpita, e ha reso le Isole delle Samoa Americane un luogo unico (o quasi) da prendere come esempio di civiltà. Poi spero sia vero che il limite di velocità sia di 30 km all’ora e che venga rispettato, ma questo mi sembra meno probabile.
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