Regia di Oliver Park vedi scheda film
AL CINEMA
Un giovane ambizioso, imprenditore, che ha scientemente rinnegato la famiglia cercando di far fortuna da solo (Nick Blood), fa ritorno alla casa del facoltoso padre (Alan Corduner) all’interno della comunità ebraica in cui vive e in cui manda avanti con successo un’ azienda di pompe funebri che opera nel rispetto categorico del rito ebraico-chassidico.
L’uomo torna perché ha bisogno di soldi e cerca per questo motivo di ingraziarsi il genitore, profondamente addolorato del suo abbandono e ben poco predisposto ad accettare che il ragazzo abbia sposato una bellissima donna (Emm Wiseman) completamente estranea alla professione di fede che caratterizza la famiglia.
Il giovane non sa tuttavia che questo suo perverso piano alimenta la presenza maligna che giace nei bassifondi ove il padre custodisce i morti di cui si prende cura.
Un demone che si nutre di anime innocenti e che si trova irresistibilmente attratto dalla presenza di una giovane donna incinta completamente estranea a quella comunità.
L’idea di tornare a parlare di demoni e di possessioni demoniache in un contesto ai più completamente estraneo (e, proprio per questo, decisamente foriero di stimoli e curiosità che si annidano addentro a riti, culture e dottrine piuttosto fuori dal comune ed estranee dalla vita di tutti i giorni ) poteva davvero fare la differenza.
Una novità in grado di elevare questo film dalla massa di horror senza qualità che affligge ormai impietosamente un genere piuttosto abusato e afflitto da produzioni mediamente troppo poco ispirate a livello qualitativo.
L’atmosfera cupa e le premesse invogliano e illudono almeno per una buona mezz’ora che si stia affrontando qualcosa di finalmente un po’ diverso da troppa sbiadita routine.
Ma, alla resa dei conti, anche The offering spreca malamente le sue carte e, quando la vicenda si spinge inevitabilmente ad affrontare la rappresentazione ultraterrena dello spirito e le sue manifestazioni ed azioni, si finisce diretti verso soluzioni horror decisamente abusate.
Quasi tutti i colpi di scena appaiono sin troppo prevedibili, al pari del solito finale ingannevole, forzatamente risolutivo e beffardo.
Un vero peccato perché il dettaglio con cui gli sceneggiatori si perdono nel descrivere alcuni aspetti di un rito religioso oscuro, che resta un culto per pochi eletti scarsamente aperto a nuovi accoliti, dava speranza di trovarsi di fronte a un horror finalmente maturo ed esente da facili soluzioni di puro consumo di massa.
Dopo Viscious (2016) e Still (2017), due apprezzati cortometraggi horror, le premesse perché l’attore Oliver Park potesse rendersi artefice di un horror innovativo e veramente convincente c’erano tutte. Purtroppo, però, la vicenda si ripiega su effetti e situazioni già viste e rimane schiava di cliché che non si fanno carico di alcuna originalità, né visiva, né tantomeno a livello di narrazione.
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