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Comandante

Regia di Edoardo De Angelis vedi scheda film

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La recensione su Comandante

di kfactor
8 stelle

Un film storico ed epico dal forte respiro moderno, che riesce nella spesso difficile missione di unire un messaggio e il suo tramite in un unica bellissima narrazione

L'aggettivo èpico, nel dizionario Treccani, viene così definito:"Pertinente alla narrazione poetica di gesta eroiche (...) per estensione, di fatti eroici, che possono divenire oggetto di poemi epici." Il cinema è, fin dalle sue origini, un conduttore di stupore ed emozione. Per tanto, il cinema èpico diventa la summa di una narrazione eroico-emotiva, dove lo stupore di chi guarda è stato per anni alimentato da immagini grandiose, che colmano gli occhi spesso più di quanto colmino il cuore. Se pensiamo ad un qualsiasi film d'oltreoceano, ammantato d'eroico mancismo, a prescindere dallo spessore dell'anima della pellicola, quello che sale in cattedra è il muscolo dell'effetto speciale o della ricostruzione di qualche battaglia memorabile. "Comandante", di Edoardo De Angelis, è un film sicuramente èpico, ma attraverso una regia cruda e concentrata sui volti dei personaggi più che sul "ferro" delle macchine, tanto da portare in primo piano i dialoghi rispetto all'azione, riesce a donare emozioni dritte al cuore, all'anima, di chi assiste, più di quanto possano fare 2 ore di esplosioni e fuochi artificiali. Nella prima parte del film, siamo trasportati a bordo del sommergibile Cappellini, tra suoi spazi angusti (7 metri di larghezza lo scafo), dentro la "vera Italia unita" dei dialetti e delle tradizioni, lasciando a terra il rigore imposto, quello che ci fa cantare "Un'ora sola ti vorrei" al ritmo di un passo militare, salutando amori sicuri di non vedere più, partendo come Ulisse (anche se poi si cita l'Iliade più che l'Odissea) verso le colonne d'Ercole (lo stretto di Gibilterra). Ma non abbandonando mai l'umanità interiore, che sarà, poi, il fulcro della seconda parte, dove emerge l'uomo oltre il soldato, scegliendo la via del sacrificio oltre la sicurezza dei fondali marini. De Angelis, con la collaborazione di Sandro Veronesi, scrive e dirige un film attualissimo, dal forte impatto sociale, supportato da uno splendido Favino, ancora alle prese con un'interpretazione focosa, solida e con un dialetto che fa suo, dimostrando un adattamento impressionante ad ogni nuova sfida a cui viene chiamato. "Parla altre lingue?" "Francese, Inglese e, beh, tedesco per necessità" Risponde il comandante Salvatore Todaro, con un sorriso tirato. Perché lui è un uomo di guerra ma è soprattutto un "uomo di mare", e nel mare ci sono norme diverse da quelle lasciate a terra. "Noi affondiamo il ferro nemico, senza pietà. Ma l'uomo no, l'uomo lo salviamo". E la divisa diventa solo una formalità da usare quando le convenzioni lo richiedono, dentro a quella bara di metallo che li trasporta, i soldati sono uomini in trincee lontane tra loro, senza gradi o medaglie in bella vista. La forma e il contenuto del film, assumo un favoloso equilibrio nel messaggio che trasmettono seguendo una legge antica, quella del mare, che pare ormai dimenticata la nelle stanze dei bottoni, nonostante contenga il vero rispetto per il prossimo. Senza distinzioni razziali o ideologiche, dove un napoletano può anche imparare a cucinare le patatine fritte da un belga. 

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