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Lotta continua

Regia di Tony Saccucci vedi scheda film

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La recensione su Lotta continua

di barabbovich
7 stelle

Nella galassia della sinistra extraparlamentare di fine anni Sessanta, Lotta Continua si segnalò come una delle formazioni più attrattive e determinate a fare proseliti in nome di istanze rivoluzionarie. Con una classe dirigente di tutto rispetto (Adriano Sofri, Mauro Rostagno, Guido Viale, Marco Boato e tanti altri), LC riuscì a combinare le lotte operaie con la forza del movimento studentesco in un'esperienza cominciata nel 1969 e terminata all'indomani del congresso di Rimini nel 1976. In mezzo, tante cose: le stragi di Stato, la creazione di un giornale - diventato poi quotidiano -, le lotte femministe, e soprattutto la strage di piazza Fontana, con la morte dell'anarchico Pinelli e il successivo omicidio del commissario Calabresi. È proprio quest'ultima vicenda a occupare una parte cospicua del lungo documentario di Tony Saccucci (ispirato a un libro di Aldo Cazzullo, I ragazzi che volevano fare la rivoluzione), in occasione della quale al pentimento del killer Leonardo Marino seguirono i mandati di cattura per Sofri, Pietrostefani e Bompressi. Una vicenda controversa e dagli esiti giudiziari diseguali (Sofri - indicato come mandante dell'esecuzione - rimase in carcere per un paio di decenni).
Con una miscela di immagini d'epoca e sapide testimonianze dei reduci di quella stagione comunemente ricordata come anni di piombo (ma che, con la consueta, felice intuizione linguistica, Erri De Luca ha battezzato "anni di rame", per via dell'effervescenza collettiva, quasi elettrica, che produssero), la regia di Saccucci restituisce un quadro equilibratissimo e a tutto tondo di quella parabola politica. Prova lampante ne è, più di altro, la coniugazione dei verbi: per Mughini - che del giornale Lotta Continua fu anche direttore - quelli di Lotta Continua "erano"; per Erri De Luca o per Marino Sinibaldi "eravamo". È il sintomo di una polarizzazione che da una parte vede un'apostasia completa da parte di Mughini e dall'altra il riconoscimento del valore di quell'esperienza, con tutti i limiti di una vicenda che - negli anni Settanta - avrebbe portato quelli che Gad Lerner indica come dei "fanatici" a sposare la causa della lotta armata, confluendo in Prima Linea e rovesciando il programma stesso di Lotta continua, che dall'aperto delle piazze si rifugiò nel chiuso della clandestinità e del terrorismo di sinistra.

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