Regia di Federico Fellini vedi scheda film
Via Veneto è una delle strade capitoline che si snoda dalla fontana del tritone in piazza bernini passando per porta pinciana,due file di platani e aiuole contraddistinguono l'intera via,con una cornice di palazzi Liberty e in stile neofascista,l'affermazione di bar e alberghi si ebbe sul finire del 1800,anche se la "consacrazione" di centro nevralgico della mondanita' e dell'intellighenzia nacque nel dopoguerra,col fiorire di bar e ristoranti che davano convegno ad intellettuali come Flaiano ma anche ad attori, registi e cinematografari,passando per aspiranti starlette che giungevano nella "dolce via" da ogni angolo d'Italia.E' da considerare comunque che in quel momento la poltrona vaticana era presieduta da papa Pacelli uomo altoborghese e di costumi austeri che di certo non gradiva la vita notturna nella strada,ma nel 1958 il pontefice muore,questo evento funesto da il via alla vita notturna nella strada con relativi festini,ubriacature e scazzottate con assillanti fotografi ribattezzati "paparazzi",è l'inizio di un nuovo cambiamento di stampo sociale nel nostro paese che segnera' una caduta a picco dei valori tradizionali dell'Italia contadina.Federico Fellini in quel preciso momento sente quasi la necessita' di trascrivere nel modo piu' puro e trasparente possibile lo stato delle cose,nel pieno della maturita' artistica il regista riminese abbandona(momentaneamente) l'ironia,il sarcasmo e il patetismo,anche se durante il film c'e' un evocazione nostalgica e amara del rapporto con il proprio padre,La Dolce Vita è quindi un film lirico,decadente, un capolavoro della settima arte,in cui per la prima volta un quadro sociale viene descritto attraverso gli occhi di un personaggio, il giornalista Marcello è un piccolo Faust che cerca di galleggiare come puo' nel mondo che lo circonda,Marcello non è altro che l'alter-ego di Fellini, che per la parte del protagonista s'impunto' per avere a tutti costi Mastroianni che in questo film incarna perfettamente un animo contradditorio e ambivalente favorito forse dalla naturale simbiosi che intercorre tra due.La Dolce Vita puo' essere considerato a tutti gli effetti l'inizio di una crisi interiore che coinvolgera' una generazione che non ha conosciuto la guerra e che si lancia ad occhi chiusi in un divertimento "carnevalesco" che sembra possa rendere felici,ma tutto è effimero e lascia il tempo che trova,dietro tutto questo si cela un nulla assoluto ed un gelo interiore che nel film è rappresentato dall'intellettuale Steiner,personaggio tragico ed epistolare che nonostante la sua cultura non riesce a trovare un ancora di salvataggio al mondo fasullo dal quale è circondato,la tragedia di Steiner non riesce pero' a scuotere Marcello,alla fin dei conti anch'egli è un intellettuale con ambizioni frustrate, che ripudia la vita effimera che lo circonda ma ne è pure attratto lasciandosi cosi coinvolgere in un grande e nullo carnevalone che maschera una facciata tragica e angosciosa,il film si presta dunque a innumerevoli interpretazioni di carattere sociologico,ma lo scopo di Fellini non è quello di dare una spiegazione logica e razionale alle cose ma di raccontarle per quelle che sono, con un mostro in riva al mare che simboleggia l'angoscia e un male ormai radicato,ma tutto cio' non deve essere visto come tunnel senza fondo,le cose vanno accettate per quello che sono,bisogna vivere e basta senza troppi ma o perche',galleggiare anche in un mare distopico come fa Marcello consapevole di quello a cui va incontro,anche se la via d'uscita da tutto cio' ci puo' essere,il sorriso della giovane Paolina ne è la metafora,di un incontaminazione faniullesca e priva di ogni male,ma Marcello simboleggia un mondo ormai alla deriva in cui ci sono tutti gli elementi di una crisi collettiva e generazionale, che rendera' gli uomini estranei da se stessi e dagli altri,ma tutto questo è solo l'inizio del film che girera' Fellini tre anni dopo.....
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