Regia di Federico Fellini vedi scheda film
L'amara vita di Marcello, giornalista senza meta, rispecchia quella della crisi di un'epoca (Roma, ma l'Italia più in generale, che entra negli anni '60, esaurita da un pezzo l'euforia della ricostruzione del Paese) ed anche di un'epoca della vita umana (Fellini entra nei quarant'anni con parecchia confusione - sia pure ultracreativa - in testa: il prossimo lavoro sarà non a caso 8 e mezzo). L'ipocrisia del 'bel mondo' di via Veneto non può che trovare Marcello partecipe, ma entusiasta mai: l'accidia che lo tormenta è ben sublimata nelle parole e nel personaggio stesso di Steiner, altro intellettuale a suo modo fallito, che prima sprona l'amico a prendere in mano la sua vita, poi getta via la propria dopo aver ucciso i figli. E' fondamentalmente una parabola dell'intera, paradossale e contraddittoria, esistenza umana: se è inutile lamentarsi, perchè la 'dolcezza' si trova dappertutto, è altrettanto impossibile esaltarsi, in quanto tutto è fine a sè stesso. 'Solito' straordinario commento musicale di Rota. Finale schiacciante che esplicita l'incomunicabilità fisiologica umana (tanto vale dirlo, alla Antonioni - raro punto di contatto fra i due Maestri), altro tema di fondo del film. Il vento copre tutto: è la polvere degli anni trascorsi che trascina lontano e disperde ogni sforzo vitale. Esistenziale, autoreferenziale, imperdibile.
Le serate (e le giornate) in via Veneto e dintorni, nel cuore della Roma dei bei salotti, degli intellettuali, del cinema, delle chiacchiere dei vip, fra interviste, starlette in cerca di notorietà, produttori, ballerine ed attori, giornalisti e fotoreporter, ogni genere di 'bella' umanità.
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