Regia di Federico Fellini vedi scheda film
Su questo film è stato ormai detto tutto: dagli anatemi dell'Osservaore romano ai riconoscimenti festivalieri (la Palma d'oro a Cannes), dalle stroncature successive alle rivalutazioni postume. La dolce vita è una sorta di via crucis della borghesia romana o romanizzata, dove le stazioni si susseguono l'una all'altra quasi senza soluzione di continuità. Fellini ha intuito e intercettato il clima di un dato momento storico e l'ha trasposto con intelligenza e (impietosa) umanità sullo schermo. In più, in un mosaico che prevede una serie incredibile di personaggi (poi ci si domanda da dove provengano gli affreschi altmaniani di "Nashville", "Un matrimonio" e "America oggi"), ha indovinato alla perfezione almeno una decina di caratteri con relativi interpreti (Mastroianni, Aimée, Cuny, Furneaux, Ekberg, Barker, Ciangottini, Gray, Garrone, Ninchi), tutti volti giusti al posto giusto. E, per siglare degnamente questa sacra rappresentazione del jet set romano agli albori degli anni sessanta (o al calare dei cinquanta), bastano i volti muti di Mastroianni e della Ciangottini alla fine del film. Questo film rappresenta anche la summa del cinema del primo Fellini: dopo La dolce vita, la sua filmografia diventerà bilancio ("Otto e mezzo"), memoria ("Roma", "Amarcord"), divagazione ("Satyricon", "Casanova"), eccedendo talvolta in quelli che saranno cinematograficamente definiti fellinismi ("Giulietta degli spiriti", "La città delle donne"). (15/09/2007)
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