Regia di Antonio Capuano vedi scheda film
«Sentivano una canzone, “Luna Rossa”, una canzone sul tradimento», dice la matrona di casa Cammarano. Il tradimento e la vendetta, Eschilo (ma anche Shakespeare) e la camorra. Antonio Capuano rilegge l’Orestiade, blinda i personaggi in una casa, ne fa esplodere gli inevitabili conflitti seguendo abbastanza fedelmente la struttura del testo classico. Oreste se ne va dalla famiglia per sette anni mentre i congiunti si scannano tra loro, mettendo in atto trame di sangue. Poi torna e conclude il lavoro nel più feroce dei modi. Mélo e noir, mafia e tragedia: sono binomi a cui il cinema (italo)americano ci ha abituato da tempo. Ma sminuire “Luna Rossa” perché c’è già stato Abel Ferrara non ha senso, sarebbe come dire che Jean-Claude Izzo è uno scrittore minore perché secoli fa c’era Omero. In realtà questo è il cinema (italiano) che abbiamo sognato per anni: denso e massimalista. Ottimo il lavoro di sperimentazione sulla recitazione e il linguaggio (dal napoletano dei bassifondi a una forma più aulica). Ottima tutta la prima parte sospesa tra la claustrofobia dei luoghi, l’oppressione della macchina da presa e la drammaturgia di una storia potente. Interpreti da urlo.
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