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A tempo pieno

Regia di Laurent Cantet vedi scheda film

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La recensione su A tempo pieno

di OGM
10 stelle

Un eccellente Aurélien Recoing interpreta la struggente parabola della menzogna, che, prima, timidamente, nasce per pudore, per un’ingenua forma di autodifesa, e poi s’innalza nell’inebriante vertigine di una fantasia di onnipotenza, per precipitare, infine, nel terribile abisso della vergogna. Il lavoro è una fastidiosa incombenza, una noiosa routine, fintanto che ci si sta dentro; però, quando da quel mondo si viene improvvisamente espulsi, si guarda agli occupati come agli abitanti di un pianeta privilegiato, in cui ognuno ha non soltanto una fonte di sostentamento sicura, ma anche e soprattutto un’identità riconosciuta e garantita, grazie alla quale può attraversare la quotidianità a testa alta, potendo guardare gli altri uomini dritto negli occhi. Essere fuori, significa sentirsi abbassati al rango di nessuno, di chi non trova posto nella società, e per questo va ramingo, non sapendo nemmeno dove mangiare e dormire. Il tonfo dalla frenesia al nulla è uno sbalzo insostenibile, che svuota completamente l’essere, togliendogli il motivo per cui respirare, nutrirsi, desiderare di vivere: per questo il protagonista Vincent Rénault si inventa un’irrequietudine operosa, che lo fa spostare di continuo, per correre incontro ad impegni inesistenti, a traguardi puramente immaginari. Nelle sue conversazioni telefoniche con la famiglia e gli amici mantiene l’apparenza di un dinamismo tipico dell’uomo in carriera, che non ha il tempo per pensare e rilassarsi: e, nella sua mente iperattiva, che diligentemente studia, costruisce ed argomenta, egli cerca effettivamente di sottrarre spazio alla noia, al silenzio, alla solitudine, ossia a tutte le condizioni che lo porrebbero drammaticamente davanti ad un’insopportabile realtà. Vincent vive, istante per istante, del succo della sua finzione, che risulta tanto convincente proprio perché è stata elaborata in modo da essere credibile anzitutto per lui stesso. È emblematico che l’unico in grado di smascherarlo sia un trafficante di merce contraffatta: un individuo abitualmente dedito all’inganno, che ben conosce l’effetto lusinghiero delle bugie, delle false promesse, dell’oro finto che, volendo, può luccicare più di quello vero. Con questo film, Laurent Cantet fa della recitazione improvvisata, che è l’aspetto fondamentale della sua tecnica documentaristica, la sostanza stessa della storia: il personaggio, in seguito al licenziamento, si trasforma in un attore a tempo pieno, che deve costantemente mantenere intatta un’illusione, alimentando, in sé e negli spettatori, la voglia di sognare, di credere che tutto vada bene e si stia avviando, nel  meraviglioso crescendo di una favola, verso l’inevitabile lieto fine.

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