Cosa fai nella vita? "Il manager" risponderebbe Vincent, padre di famiglia, benestante, brava persona. Eppure mente, perché è stato licenziato da più di tre mesi e adesso deve giustificare le sue lunghissime assenze da casa. Un altro lavoro, un incarico internazionale all'Onu, ma è tutta una bugia. Che prima o poi qualcuno scopre.
Note
Leone dell'anno a Venezia 2001, il film di Laurent Cantet (che esordì con "Risorse umane"). Strameritato. Una costruzione drammaturgica condotta con rigore stilistico glaciale per sottolineare il solo principio ontologico del nostro mondo: "lavoro dunque sono". E se uno non lavora più? Magari per scelta? La storia di Vincent sembrerebbe solo esemplare se non fosse ispirata a un fatto reale, che si concluse in maniera ben più tragica del film. Anche se a ben vedere l'ultima sequenza che Cantet regala al nostro sguardo è agghiacciante e sembra aprirsi su uno scenario alla Michael Haneke. "A tempo pieno" riscrive (o dimostra come si siano riscritte) le regole della convivenza in base ai requisiti formali della "professione". Anche nel linguaggio, nel parlare di tutti i giorni, quando tra colleghi si instaura una "comunicazione felice" e non un rapporto umano. Dopo "A tempo pieno" non si può fare a meno di pensare al Grande Lebowsky come a un eroe dei nostri giorni.
Vincent (Aurèlien Recoing) è un importante manager che perde improvvisamente il lavoro. Non accetta serenamente questo stato di cose e arriva al punto di alzarsi ogni mattina per andare al lavoro come se nulla fosse successo. Prima non dice nulla alla moglie (Karin Viard) del licenziamento e poi si inventa un fantomatico impiego di prim'ordine all'Onu per giustificare le… leggi tutto
V'ho chiamato magnifici ma, mi raccomando, non montatevi troppo la testa. Che criterio ho adottato per seguire altri utenti di filmtv? Una delle discriminanti, letta una recensione interessante, consiste nello…
FESTA DEL LAVORO?
Un piccolo sfogo dettato dalla percepita assenza di prospettive...
1° maggio.
Festa del lavoro o lutto del lavoro?
Dopo oltre due secoli di lotte, rivendicazioni,…
Se la perdita del lavoro è di per sè uno tsunami emotivo, ancora di più lo diventa il complesso castello di bugie e finzioni messo in campo dal protagonista, arrivando gicoforza ad una resa dei conti prima con sè stesso e poi con i propri cari. Manca forse un pò di mordente in questo film di per sè interessante, così come troppo semplice appare la…
A.utomunito e A.mante delle Belle A.rti cercansi (A.stenersi perditempo: arricciatori di code di maiale, raddrizzatori di banane e vice-presidenti del… segue
2017
2017
Nel mese di ottobre questo film ha ricevuto 5 voti
Oggi, inutile ricordarlo, è la Festa del Lavoro. Mai come in questo periodo il lavoro è tra i temi più discussi e sentiti. "L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro....."…
Aspettando tempi migliori, che forse mai arriveranno, per la festa del primo maggio, una lista di film dedicata a tutti quelli che hanno dovuto lavorare anche oggi, che nel mondo attuale con la crisi e tutto il resto,…
E' un film da sufficienza piena ma per prassi ritengo giusto premiare l'originalità con una stella in più. Le atmosfere sono cupe, gli attori discreti ma il ritmo e la tensione sono bassi. La storia però incuriosisce e propone riflessioni interessanti come quella suggerita dai tecnici di film.tv per cui l'uomo finisce per identificarsi col suo lavoro. E così il protagonista di fatto si sente…
Ispirato alla vera storia di Jean-Claude Romand, che per 15 anni ingannò familiari e amici, A tempo pieno racconta la vicenda di un truffatore indolente (Recoing) che, dopo essersi licenziato dal lavoro, passa per sette mesi le giornate girando tra alberghi di quart'ordine e parcheggi, facendo credere ai suoi cari di avere ottenuto un prestigioso posto all'ONU di Ginevra. Ma il gioco gli …
e' un film glaciale che non lascia indifferenti.Se si pensa che e' tratto da un caso reale viene quasi il fastidio che il finale del film sia un po' diverso.Bisogna confrontarlo con L'avversario di N.Garcia girato dopo e di struttura simile.Ma Cantet e' in assoluto uno dei registi francesi piu' interessanti di questi ultimi anni.Ha avuto un premio a venezia,meritato.
Un eccellente Aurélien Recoing interpreta la struggente parabola della menzogna, che, prima, timidamente, nasce per pudore, per un’ingenua forma di autodifesa, e poi s’innalza nell’inebriante vertigine di una fantasia di onnipotenza, per precipitare, infine, nel terribile abisso della vergogna. Il lavoro è una fastidiosa incombenza, una noiosa routine, fintanto…
Dopo gli operai di Risorse umane Cantet affronta l’altra faccia della disoccupazione, quella relativa ai colletti bianchi. In realtà la vicenda è più complessa, perché qui si tratta di perdere non solo un lavoro ma la propria identità, il proprio ruolo nel mondo: ne deriva la necessità di mentire a tutti (moglie, genitori, amici), un angosciante…
Anche se la sceneggiatura è un po' troppo macchinosa, resta un'opera notevole per come riflette sul Lavoro visto come "impiego del tempo". Il paradosso di questo film è che l'alienazione del lavoratore esplode nel momento in cui il lavoro viene a mancare. Il protagonista si inventa un lavoro inesistente per amore verso la propria famiglia, non rendendosi conto…
Vincent (Aurèlien Recoing) è un importante manager che perde improvvisamente il lavoro. Non accetta serenamente questo stato di cose e arriva al punto di alzarsi ogni mattina per andare al lavoro come se nulla fosse successo. Prima non dice nulla alla moglie (Karin Viard) del licenziamento e poi si inventa un fantomatico impiego di prim'ordine all'Onu per giustificare le…
Buona pellicola sull'ambizione come motore dell'identità individuale in una società sempre più dominata dalla logica del profitto. L'avanzamento di carriera come unico presunto metro di meritocratica collocazione democratica, venute meno le appartenenze meramente dinastiche che dividevano il mondo in mecenati, artisti e plebe. E' forse un po' troppo lunga e lenta nella…
Cantet punta più sul problema dell'impiego del tempo (come recita il titolo originale) di un senza lavoro, piuttosto che su quello dei soldi, come invece fa Nicole Garcia in L'avversario. Qui il tono è meno tetro e, come sembrerebbe dimostrare il finale, quasi aperto alla speranza. Recoing, che avevo già visto in 13 Tzameti, non fa rimpiangere Daniel Auteuil, che recita lo…
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Commenti (5) vedi tutti
voto 7/5 oggettivo/soggettivo interessante la sceneggiatura, troppo lento il ritmo
commento di paolofefeClassico in cui vorresti entrare nello schermo e intervenire nella narrazione. Lento ma coinvolgente
commento di Arpo05Gran bel film.
commento di alehcimDramma psicologico. Se fosse stato italiano sarebbe stato meglio, ma comunque non è male.
commento di slim spaccabeccoIl tempo vissuto nella sua lentezza e decadenza individuale, film da vedere e rivedere
commento di disorder