Regia di Renzo Martinelli vedi scheda film
Una tragedia all’italiana. Come tante altre, chiamate “fatalità”, da addebitare alla “natura crudele”. In realtà, frutto di superficialità e cinismo, inerzia e furbizia, tutte nostre belle caratteristiche nazionali. Alle 22,39 del 9 ottobre 1963, quando anche nel bar di Longarone si guarda la partita tra Real Madrid e Rangers Glasgow, una gigantesca frana di 270 milioni di metri cubi si stacca dal monte Toc, cade nel lago artificiale del Vajont e alza un’immensa onda che supera la diga e si abbatte nella valle sottostante, spazzando via tutto e uccidendo più di duemila persone. Martinelli (“Porzus”) vuole coniugare impegno civile e spettacolo, alto costo (18 miliardi) e storie quotidiane, accuse ai potenti della Sade, l’antenata dell’Enel, e adesione alle vite (e alla morte) degli umili. Ci sono i cattivi arroganti, ingegneri, funzionari, politici, manager, affaristi, e c’è l’eroina senza paura, la giornalista Tina Merlin, inviata dell’“Unità”. Ci sono le piccole storie d’amore e i costosi effetti speciali. Purtroppo, manca il cinema. Sciatteria diffusa, recitazione dimessa, regia inesistente. Le buone intenzioni non salvano il film. La vera, drammatica meditazione sul Vajont resta lo spettacolo teatrale di Marco Paolini.
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